DOCUMENTO 07/07/1999 SENTENZA N. 7023, CORTE DI CASSAZIONE - III SEZIONE
FONTE CORTE DI CASSAZIONE - III SEZIONE
TIPO DOCUMENTO SENTENZA
NUMERO 7023
DATA 07/07/1999
RIFERIMENTO
NOTE

MASSIMA E INTERO TESTO

ALLEGATI
TITOLO INGEGNERI - CHIMICI - ANALISI CHIMICHE - SVOLGIMENTO ATTIVITA' PROFESSIONALE IN COMUNE - LEGITTIMITA' - CONDIZIONI
TESTO

MASSIMA

Il libero professionista può compiere anche attività comuni all'area di esercizio di altre professioni, a condizione che le suddette attività: a) abbiano formato oggetto dall'esame di abilitazione professionale; b) non siano riservate dalla legge esclusivamente ad altre categorie professionali; ne consegue che l'ingegnere chimico può legittimamente compiere analisi chimiche, se queste sono preordinate al conseguimento di un risultato finale proprio dell'attività professionale dell'ingegnere chimico; al contrario, tale legittimazione viene meno nei casi in cui l'analisi chimica costituisce l'oggetto finale dell'attività professionale, giacchè in questo caso si realizzarebbe una non consentita ingerenza nel settore di attività riservato ai chimici; in particolare, deve escludersi che l'ingegnere chimico possa sottoscrivere le analisi di emissioni inquinanti prescritte dall'art. 27 L. reg. Liguria 12 marzo 1985 n. 11, in quanto l'art. 16 R.D. 1 marzo 1928 n. 842 riserva ai chimici la redazione delle analisi da presentare alle Pubbliche amministrazioni.

INTERO TESTO

Svolgimento del processo

In data 11.12.1995 la Provincia di Genova notificava all'Enel s.p.a, centrale termoelettrica di Genova nonchè all'ing. Piero Allegri, quale direttore responsabile del predetto impianto, l'ordinanza ingiunzione n. 33877 di pagamento della somma di œ 853.000, a titolo di sanzione amministrativa per la violazione, contestata con verbale di accertamento del 24.10.1994, delle disposizioni di cui alla l. regione Liguria n. 11/1985, relativa alle dichiarazioni periodiche di emissione, in quanto le analisi sulle emissioni, inviate il 28.7.1994, non erano state firmate da un chimico, iscritto all'Albo, ma da un ingegnere chimico. Avverso detta ingiunzione proponeva opposizione l'Allegri. Si costituiva la Provincia di Genova.

Il Pretore di Genova, con sentenza depositata il 27.3.1997, rigettava l'opposizione.

Riteneva il pretore che la natura di dette analisi era chimica; che dalla circolare della Direzione Generale degli Affari civili e delle Libere Professioni del Ministero di Grazia e Giustizia del 25.3.1987, in tema di competenza professionale degli ingegneri, nonchè da una precedente sentenza del Pretore di Udine, emergeva che le analisi chimiche potevano essere effettuate solo dai chimici e non dagli ingegneri chimici,in quanto, poichè la relativa voce era compresa solo nelle tariffe dei chimici, emergeva che solo i chimici potevano effettuare analisi di chimica pura o applicata.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Allegri.
Non si è costituita l'intimata.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della normativa professionale, in particolare della l. n. 143/1949 e d.p.r. n. 1145/1973, nonchè l'omessa insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Ritiene il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata, richiamandosi senza una motivazione specifica ad una circolare della direzione generale degli affari civili e delle libere professioni del Ministero di Grazia e Giustizia del 25.5.1987, ha ritenuto che le analisi non potevano essere eseguite dagli ingegneri chimici.

Ritiene il ricorrente che erroneamente la suddetta circolare (prodotta in giudizio) giungeva a detta conclusione dal confronto delle rispettive tariffe professionali degli ingegneri e dei chimici; che era errato l'assunto secondo cui non risultava per i primi una voce relativa alle analisi chimiche merceologiche, giusta la tariffa professionale degli ingegneri, approvata con legge 2.3.1949,n. 143, poichè le tariffe professionali non determinano ciò che il professionista può fare e poichè, in ogni caso, dalla tariffa degli ingegneri emerge, dagli artt. 5 e 24, che essi possono compiere studi in merito ai processi di fabbricazione di impianti dell'industria chimica inorganica ed organica e della piccola industria chimica speciale. Inoltre le tariffe, nell'indicazione delle attività, hanno natura esemplificativa e non tassativa.

Osserva il ricorrente che per conseguire la laurea in ingegneria chimica bisogna superare cinque esami di chimica (art. 16 d.p.r. 31.10.1973,n. 1145) e che sulla competenza degli ingegneri chimici ad eseguire analisi chimiche si è espresso anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Ritiene inoltre il ricorrente che, in ogni caso, per determinate attività può verificarsi una giustapposizione e commistione di competenze tra varie categorie di professionisti e ciò avviene espressamente per gli ingegneri chimici e per i chimici in numerosi casi in cui tra le due professioni sussista interdisciplinarità, come nella specie, in cui si tratta di attività e valutazioni in parte chimiche ed in parte di carattere fisico-impiantistico.
Ritiene, quindi, il ricorrente che erroneamente il pretore ha ritenuto che le operazioni in questione costituissero un'analisi chimica, trattandosi invece di controlli periodici sulla funzionalità fisico-impiantistica.

2. Il motivo di ricorso è infondato e va rigettato. La giurisprudenza penale, nell'esaminare la questione della legittimo esercizio di un'attività professionale, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ha osservato che la finalità della norma di cui-all'art. 348 c.p. (abusivo esercizio di una professione) è che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di competenza tecnica, vengano esercitati soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità culturali richieste dalla legge.
Ne deriva che la tutela penale in questione si estende soltanto agli atti "propri" o "tipici" delle suddette professioni.
Sennonchè non è la sola tipicità di un atto per una determinata professione ad escludere per ciò solo che detto atto possa essere compiuto da un professionista, avente altra abilitazione.
Detta esclusione consegue necessariamente nel caso in cui la legge espressamente riservi solo al professionista che abbia quella determinata e specifica abilitazione a compiere l'attività in oggetto (Cass. pen.23 aprile 19g6, Albertini, in Cass. pen. 1996, 2925; Cass. S.U. 4 giugno 1990, Soricelli, secondo cui i laureati in medicina sono abilitati a svolgere analisi chimico-cliniche a fini diagnostici).
In assenza di detta riserva di specifiche attività, prevista dalla legge, in favore di una determinata professione, la sola tipicità della stessa in relazione ad una professione non esclude, di per sè, che essa possa essere compiuta anche da soggetti in possesso di diversa abilitazione.
Poichè è proprio quest'ultima che abilita all'esercizio dell'attività professionale, - costituendo essa un accertamento preventivo, nell'interesse della collettività e dei committenti, che il professionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occorrenti per il retto esercizio professionale (Corte Cost. n. 77 del 1964), è necessario che detta attività rientri tra quelle oggetto dell'esame di abilitazione.
E' quindi all'esame di abilitazione professionale che occorre far riferimento al fine di stabilire se un soggetto possa compiere una determinata attività.
L'oggetto della professione, quale determinato dalla legge, stabilisce solo i limiti (ed in particolare la finalità ultima) in senso ampio, dell'attività del professionista.

Entro detti limiti, il professionista può compiere anche attività che non siano tipiche della sua professione, ma che siano state valutate nell'ambito della sua abilitazione professionale e siano funzionalizzate appunto all'oggetto della professione, salvo che non siano espressamente riservate ad altre professioni in ogni caso.
Ciò comporta che vi possono essere giustapposizioni e commistioni di competenze tra diverse categorie di professionisti in relazione a singole attività, pur rimanendo diverso l'oggetto della professione. Il fatto che una norma di legge o regolamentare autorizzi una determinata categoria di professionisti (nella specie chimici), a compiere determinate attività di analisi non comporta una sorta di privativa a favore di questi professionisti, ne impedisce lo svolgimento di detta attività da parte di altri professionisti (nella specie ingegneri chimici) il cui limite di competenza è rappresentato dal fine specifico proprio dell'attività professionale, mentre è del tutto irrilevante il sistema attraverso il quale il professionista realizza il risultato che si propone, sempre che detta attività inserita nel procedimento (ove essa debba essere compiuta da soggetto abilitato) sia stata oggetto della sua abilitazione.

In questo senso di nessun rilievo è che detta attività professionale (strumentale al risultato finale) possa non trovare una corrispondente voce nella-tariffa professionale. Infatti compito della tariffa professionale non è quello di definire le competenze dei singoli professionisti, a cui provvede la legge - ma solo quello di stabilire il compenso che essi possono chiedere per la loro attività.
E' ben vero che le tariffe possono costituire, tuttavia, un indubbio ausilio per contribuire a precisare gli ambiti dell'oggetto della professione (Cass. pen. 17 marzo 1995, Dolmen), ma ciò solo con riferimento al momento finale e cioè all'oggetto della professione, e non necessariamente con riferimento alle attività intermedie.

3. In relazione agli ingegneri chimici non vi è dubbio che essi debbano avere anche una preparazione nel settore chimico. Al riguardo va osservato che l'art. 16 d.p.r. 31.10. 1973, n. 1145 stabilisce che per conseguire la laurea in ingegneria chimica è necessario superare, fra gli insegnamenti obbligatori gli esami di chimica, chimica organica, chimica industriale, chimica fisica e chimica applicata.
Inoltre l'art. 27 del D.M. 9.9.1957 (art. 27) stabilisce che la prova di abilitazione verta su argomenti che attestino le cognizioni tecniche e pratiche del candidato nel ramo di ingegneria che egli ha prescelto e, quindi, nel settore dell'ingegneria chimica.

Ciò spiega come per alcune determinate specifiche funzioni siano stati equiparati i laureati in chimica o in chimica industriale ai laureati in ingegneria chimica (d.m. pubblica istruzione 3.9.1982, in tema di insegnamento della chimica nelle classi di istruzione secondaria, ovvero art. 7 d.p.r. n. 1255/1968 in tema di produzione commercio e vendita di fitofarmaci, ovvero art. 10 ter l. 11.10.1986,n. 713, in tema di produzione ed importazione di prodotti cosmetici).
Sennonchè queste ipotesi specifiche denotano solo che il legislatore riconosce all'ingegnere chimico una preparazione culturale nel settore chimico, ma l'oggetto dell'attività professionale rimane pur sempre regolato, in termini generali, dagli artt. 51 e segg. r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537. Le disposizioni normative suddette costituiscono un ampliamento specifico di detto oggetto della professione in peculiari fattispecie, per cui da una parte non è possibile, per la loro specialità, assegnare a dette norme una portata generale (per il principio che presiede al rapporto tra norma generale e norma speciale) e dall'altra confortano la tesi che l'estensione dell'oggetto dell'attività professionale dell'ingegnere chimico, oltre i limiti fissati dal r.d. n. 2537/1923, non sarebbe stata possibile in assenza di specifica legislazione.
Al di fuori della normativa settoriale, solo nei limiti dell'oggetto professionale tipico dell' ingengere chimico, e funzionalizzata allo stesso, questi potrà anche compiere attività di analisi chimica, ma essa non potrà essere l'oggetto finale della sua attività, ma un momento procedimentale per il conseguimento dell'oggetto finale.

4. A tal fine, e con più specifico riguardo al caso in esame, va ricordato che l'art. 16, c. 3, r.d. 1 marzo 1928,n. 842, (regolamento per l'esercizio della professione di chimico) statuisce che: "Devono essere redatte dagli e che iscritti all'albo (dei chimici) le perizie e le analisi che devono essere presentate alle pubbliche amministrazioni".
Ne consegue che la norma individua come attività, non più solo tipica, ma addirittura "riservata" ai chimici ( e quindi con esclusione di ogni altro professionista) l'attività professionale che abbia come oggetto finale la redazione di una perizia chimica o l'effettuazione di un'analisi chimica da presentare alla pubblica amministrazione.
In questo caso, stante l'espressa riserva contenuta nella norma, ed in assenza di una eguale disposizione in favore degli ingegneri chimici, nonostante il loro esame di abilitazione contempli anche l'accertamento della preparazione nel settore chimico, l'analisi chimica non potrà che essere effettuata dal professionista abilitato all'esercizio della professione di chimico ed iscritto all'albo relativo.

5. Il problema, quindi, nel caso concreto si sposta nell'accertare se le analisi a corredo della dichiarazione di emissioni del titolare, di cui all'art. 27 l. regione Liguria 12 marzo 1985 n. 11, costituiscano analisi chimiche come momento finale dell'attività professionale del redattore, nel qual caso esse non potrebbero che essere effettuate da un chimico, ovvero se costituiscano accertamento di funzionamento dell'impianto di abbattimento dei fumi e di contenimento delle emissioni inquinanti, nel qual caso (anche se un momento procedimentale è costituito da vere e proprie analisi chimiche) esse possono essere effettuate, data la loro strumentalità e funzionalità, anche da un ingegnere chimico.
Ritiene questa Corte che si debba accedere alla prima soluzione per due ordini di ragioni.

6. La prima è di ordine oggettivo.

Il certificato di analisi in questione, infatti, attiene non al funzionamento degli impianti di abbattimento dei fumi o di contenimento delle emissioni, ma alla concentrazione delle emissioni indipendentemente dal corretto funzionamento dei detti impianti.
Infatti l'art. 24,c. 5, della detta legge stabilisce che "Qualora dagli accertamenti svolti risulti che, nonostante il rispetto dei limiti e delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni, siano stati superati o sussista il rischio che vengano superati gli standard di qualità dell'aria o i vigenti limiti di immissioni stabiliti dall'art.8 del d.p.r. 15 aprile 1971 n. 322, la provincia trasmette alla giunta regionale le risultanze dei controlli compiuti, per gli adempimenti previsti dalle lett. c) e d) dell'art. 15".
Ciò dimostra che il controllo degli standard dell'aria per effetto delle immissioni prescinde dal regolare funzionamento degli impianti di contenimento, in quanto, ove detti standard siano superati, per qualunque causa, operano determinati rimedi.
Ciò che interessa in questa fase di monitoraggio dell'inquinamento atmosferico per emissioni non è che gli impianti di contenimento in ogni caso funzioni, ma il fatto oggettivo che gli standard di qualità dell'aria non siano superati.
Certamente il buon funzionamento degli impianti di contenimento delle emissioni è un elemento necessario, ma non esaustivo, con la conseguenza che il potere di controllo della provincia non si arresta all'accertamento di detto funzionamento, ma investe direttamente il contenuto degli elementi inquinanti esistenti nell'aria.

Inoltre l'art. 20 della legge in questione nel determinare il contenuto dell'autorizzazione definitiva stabilisce alla lettera d) che il soggetto autorizzato deve indicare la frequenza e le modalità delle operazioni di manutenzione degli impianti per il contenimento delle emissioni, mentre alla lettera successiva (e) stabilisce che "l'autorizzazione definitiva deve indicare il contenuto e la periodicità della dichiarazione delle emissioni".

Questa dichiarazione delle emissioni sarebbe assolutamente non necessaria se tutto si esaurisse nel buon funzionamento degli impianti di contenimento delle emissioni e di abbattimento dei fumi, di cui al precedente punto.
In effetti ciò che interessa alla p.a. non è il buon funzionamento di detti impianti (ciò è solo un mezzo per un fine), ma che l'aria conservi determinati limiti minimi di standard di qualità, sia pure essendo sottoposta ad emissioni inquinanti. Infine, e soprattutto, l'art. 27 della legge regione Liguria (oggetto di questa violazione) specificamente si riferisce alla "dichiarazione delle proprie emissioni", per cui alla l'analisi, indicata nello stesso articolo, è relativa appunto alle emissioni e non è un'attestazione del buon funzionamento degli impianti di contenimento.
Lo stesso allegato 2, cui rinvia la detta norma, si riferisce ai sistemi di prelevamento delle emissioni ed alle analisi di queste e non al buon funzionamento degli impianti.

7. Vi è poi una ragione di natura soggettiva che induce a privilegiare detta interpretazione, secondo cui l'analisi in questione, come momento terminativo di una determinata prestazione professionale, non può essere effettuata che da un chimico.
Infatti la legge regionale n. 11/1985 all'art. 5 (modificativo dell'art. 6 l. regionale 24.3.1980,n. 20) individua la composizione del comitato tecnico per l'ambiente ed all'art. 6 (modificativo dell'art. 8 l. r. n. 20/1980) individua i componenti della sezione di questo comitato competente per l'inquinamento atmosferico con rinvio alle lett. L), M), N), O), R) dell'articolo precedente (5).
La lettera M) prevede che nel comitato in questione vi sia un esperto in chimica o fisica o ingegneria con particolare comprovata competenza nei meccanismi di diffusione degli inquinamenti in atmosfera; la lett. N) suddetta stabilisce che tra i componenti di detto comitato vi siano due esperti di ingegneria chimica o chimica industriale con particolare e comprovata competenza sugli impianti di abbattimento dei fumi. Infine la lett. O) stabilisce che nel comitato vi siano due esperti in chimica o chimica particolare e comprovata competenza sull'inquinamento atmosferico.

Come si vede l'intercambiabilità tra chimico ed ingegnere (chimico), è prevista solo in tema di meccanismi di diffusione degli inquinamenti nell'atmosfera e di impianti di abbattimento di fumi, ma non per l'ipotesi di inquinamento atmosferico (lett. O dove l'intercambiabilità sussiste solo tra chimico e chimico industriale).
Quindi, una volta stabilito che l'analisi in questione attiene alla concentrazione delle emissioni prodotte e, quindi all'inquinamento atmosferico, e non al buon funzionamento degli impianti di abbattimento dei fumi o di contenimento delle emissioni, ne consegue che l'analisi in questione può essere effettuata solo da un chimico o da un chimico industriale.

8. La conformità a diritto del dispositivo della sentenza impugnata, comporta che vada disattesa la censura di mancanza di specifica motivazione sulla questione giuridica affrontata.
Infatti osserva questa Corte che, qualora con un motivo di ricorso per Cassazione, si prospetti un difetto di motivazione, che non riguardi un punto di fatto, bensì un'astratta questione di diritto - come nella fattispecie in cui si controverte sul punto se gli ingegneri chimici possano legittimamente effettuare analisi chimiche - il giudice di legittimità, investito a norma dell'art. 384 c.p.c. del potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, è chiamato a valutare se la soluzione adottata dal giudice di merito sia oggettivamente conforme alla legge, piuttosto che a sindacarne la motivazione, con la conseguenza che anche l'eventuale mancanza di questa, deve ritenersi irrilevante, quando il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame (Cass. 3.4.1990,n. 2756).

Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla per le spese non essendosi costituita l'intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.



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