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Rif. DV00161
Documento 11/11/1992 CIRCOLARE
Fonte MINISTERO DELL'INTERNO
Tipo Documento CIRCOLARE
Numero
Data 11/11/1992
Riferimento
Note
(G.U. 26-11-92 N.279)

Allegati
Titolo
STRUTTURA ALBO - ISCRIZIONE - 'LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 91. NUOVE NORME IN MATERIA DI CITTADINANZA'
Testo Nella Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1992, n.38, e' stata pubblicata la legge 5 febbraio 1992, n.91, recante nuove norme sulla cittadinanza entrata in vigore il 16 agosto 1992.

La recente costruzione legislativa, che recepisce definitivamente il principio di parita' tra uomo e donna, contiene, da un lato, elementi di sostanziale continuita' rispetto alla materia previgente e, dall'altro, aspetti decisamente innovativi, introducendo taluni istituti prima sconosciuti alla normativa della cittadinanza.

In via preliminare appare utile scorrere sinteticamente le principali novita' intervenute che comunque vengono esaminate in modo piu' esaustivo nel prosieguo della presente circolare.

Particolare rilievo assume nella nuova legge il disposto dell'art.11, che consente ai connazionali di acquisire o riacquistare una cittadinanza straniera senza incorrere nella perdita automatica di quella italiana.

Peraltro, lo stesso art.1 attribuisce a costoro la facolta' di potervi rinunciare mediante dichiarazione ed all'ulteriore condizione del mantenimento o trasferimento all'estero della residenza.

In tale contesto, per coloro che hanno dismesso la cittadinanza italiana in forza degli articoli 8 e 12 della previgente normativa del 1912, l'art.17 attribuisce la facolta', da esercitarsi entro due anni dall'entrata in vigore della legge n.91, di riacquistare l'originario status effettuando una dichiarazione in tal senso, a prescindere dalla residenza in Italia.

L'istituto del riacquisto trova ulteriore disciplina nella norma di regime di cui all'art.13.

Quest'ultima disposizione, oltre ad attribuire alle ipotesi in essa contemplate carattere generale, ha circoscritto l'ampio automatismo previsto dalla previgente normativa, dando sempre rilievo alla volonta' degli interessati.

Per quanto concerne l'acquisto della cittadinanza per naturalizzazione si segnala che l'art.9 prevede discipline differenziate in relazione agli specifici requisiti posseduti dagli aspiranti.

Ulteriore novita' e' rinvenibile nell'art.24 che ha introdotto l'obbligo a carico del connazionale che consegua una cittadinanza straniera di darne comunicazione, mediante dichiarazione, all'ufficiale di stato civile del luogo di residenza, ovvero, se residente all'estero, all'autorita' consolare competente.

Si richiama infine l'attenzione sul contenuto dell'art.26 della nuova legge che espressamente prevede:
"1. Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n.555, la legge 31 gennaio 1926, n.108, il regio decreto-legge 1^ dicembre 1934, n.1997, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n.517, l'art.143-ter del codice civile, la legge 21 aprile 1983, n.123, l'art.39 della legge 4 maggio 1983, n.184, la legge 15 maggio 1986, n.180, e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

2. E' soppresso l'obbligo dell'opzione di cui all'art.5, comma secondo, della legge 21 aprile 1983, n.123, e dell'art.1, comma 1, della legge 15 maggio 1986, n.180.

3. Restano salve le diverse disposizioni previste da accordi internazionali".

Cio' posto si ravvisa opportuno fornire agli operatori del settore un primo strumento interpretativo per l'applicazione dellanuova disciplina.

Al riguardo, si tiene comunque a precisare che taluni aspetti aspetti della legge potranno essere definitivamente chiariti solo con lo strumento regolamentare, il cui schema deve essere sottoposto alle valutazioni del Consiglio di Stato.

Non si manchera' comunque di diramare una nuova circolare una volta emanato l'anzidetto regolamento.

Si fa presente che, nelle mopre dell'adozione del nuovo regolamento, si applicano, in quanto compatibili, le norme del regio decreto 2 agosto 1919 n.949, recante le norme per l'esecuzione della legge 13 giugno 1912 n.555.

Si richiamano, altresi', le istruzioni impartite con precedenti circolari ed, in particolare, per cio' che attiene le procedure e la documentazione riferite alle istanze di naturalizzazione, quelle contenute nelle circolari K.31.9 del 25 luglio 1987 e del 1^ agosto 1991.

ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA

a) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER NASCITA.

La disposizione che regola l'acquisto della nostra cittadinanza e' l'art.1 della nuova legge, il quale prevede che:

1) e' cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi e' nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono;

2) e' considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
L'articolo in parola, in primo luogo, conferma il tradizionale istituto dell'acquisto della cittadinanza per discendenza, in base al criterio dello jus sanguinis, recependo, definitivamente, il principio di parita' tra uomo e donna per quanto attiene a siffatta trasmissioen del nostro staus civitatis, in conformita' della sentenza della Corte Costituzionale n.30 del 28 gennaio 1983.

Al riguardo, resta fermo il principio che e' possibile attribuire dalla nascita la cittadinanza italiana solo a quelle persone nate dopo il 1^ gennaio 1948 da donna che a tale momento era in possesso dello status civitatis italiano.

Come, infatti, chiarito dal Consiglio di Stato, "l'efficacia" del giudicato costituzionale non puo' in ogni caso retroagire oltre il momento in cui si e' verificato il contrasto tra la norma di legge o di atto avente forza di legge - anteriore all'entrata in vigore della Costituzione - dichiarata illegittima, e la norma od il principio della Costituzione, cioe' non possa retroagire oltre il 1^ gennaio 1948, data di entrata in vigore di quest'ultima" (cfr.parere n.105 Sez.I, 15 gennaio 1983).

Si soggiunge, altresi', che in base alla lettera b) del primo comma dell'art.1, l'attribuzione della cittadinanza ub origine avviene nei confronti di coloro i quali nascono in territorio italiano da genitori apolidi o stranieri, la cui cittadinanza non venga trasmessa automaticamente alla prole secondo la legge dello Stato di appartenenza.

Si ritiene che siffatta disposizione sia da applicarsi esclusivamente nei confronti dei figli di soggetti stranieri nati nel territorio dello Stato italiano i quali in alcun modo ripetano la cittadinanza straniera dei genitori, come disposto nello schema regolamentare.

Vi sono, infatti, normative di taluni Stati in materia di cittadinanza le quali non escludono l'attribuzione dello status civitatis alla prole nata da cittadini di detti Stati al di fuori del territorio soggetto alla sovranita' dello Stato, ma la condizionano al rispetto di mere formalita' burocratiche ovvero alla esternazione di una volonta' di elezione della cittadinanza.

In tali casi non puo' parlarsi di condizione di apolidia oggettivamente determinatasi in capo al soggetto nato nel territorio della Repubblica, in quanto al medesimo risulta possibile conseguire la titolarita' della cittadinanza straniera dei genitori secondo la legge dello Stato cui appartengono ove risultino soddisfatte le condizioni (minime) previste dalla legge.

Quanto previsto e' conforme alla ratio legis che contempla l'attribuzione iure soli della cittadinanza esclusivamente in via surrogatoria, nonche' alla disciplina dell'art.2 della legge per il quale il soggetto investito dalla nascita iure soli della cittadinanza italiana in quanto figlio di genitori ignoti risulta essere privato ex tune dello status civitatis italiano, qualora siano soddisfatte le condizioni indicate dalla legge per seguire la cittadinanza di uno o di entrambi genitori.

b) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA DA PARTE DEL MINORE STRANIERO PER ACQUISTO O RIACQUISTO DA PARTE DEI GENITORI.

La norma che regola tale evenienza e' l'art. 14 della nuova legge, il quale prevede che "i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza".

Siffatta disposizione sostituisce l'art.5, primo comma, della legge n.123/1983, il quale a sua volta aveva gia' abrogato l'art.12, primo comma, della legge n.555/1912, secondo l'interpretazione formulata dal Consiglio di Stato.

A quest'ultimo riguardo, l'Alto consesso (p.1060/1990) aveva ritenuto che "l'acquisto della cittadinanza da parte del minore si verifica ope legis per il solo fatto che l'acquisti uno dei due genitori, a nulla rilevando che i genitori o il minore risiedano in Italia o all'estero, che il minore conviva con l'uno o con l'altro dei genitori, che la patria potesta' sia esercitata dall'uno o dall'altro di essi, e, infine, che il minore conservi o meno la cittadinanza di origine".

Alla luce del descritto orientamento, si doveva quindi ritenere che allorquando uno dei genitori avesse perso la cittadinanza italiana, mentre l'altro l'avesse conservata, pure il figlio minore l'avrebbe conservata, prescindendosi dalla considerazione delle vicende di residenza, convivenza e potesta' relativa al minore.

L'art. 14 della nuova legge ha invece ridotto l'ampia portata di quest'ultima interpretazione, richiedendo, ai fini dell'acquisizione del nostro status civitatis, che i minori convivano con chi acquista o recupera la nostra cittadinanza.

In sede di schema regolamentare, si e' ritenuto che l'attribuzione della cittadinanza italiana in favore dei figli minori di chi acquisti o riacquisti il nostro status civitatis possa riconoscersi nella sola ipotesi in cui i figli convivano con il genitore al momento dell'acquisto o riacquisto della cittadinanza italiana da parte del medesimo.

In tal senso e' stato utilizzato il concetto di famiglia anagrafica assunto dal regolamento anagrafico (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n.223) in base al quale esso ricorre qualora le persone che costituiscono la famiglia coabitino e siano legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinita', adozione, tutela ed anche da soli vincoli affettivi.

Ne discende che il fatto della coabitazione risulta essenziale ai fini della determinazione della convivenza anagrafica nonche' ai fini della dimostrazione del permanere dei vincoli sui quali appare fondata la famiglia anagrafica.

Al riguardo, si richiama l'attenzione sulla necessita' che la convivenza sia attestata con l'esibizione del certificato di stato di famiglia o altra idonea documentazione.

c) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER RICONOSCIMENTO O DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DURANTE LA MINORE ETA'.

L'art.2 della nuova legge ripropone la tematica di cui all'art.2 della legge del 1912 aggiornata alla luce delle innovazioni intervenute in materia di parita' tra uomo e donna e nell'ambito del diritto di famiglia.

In tal senso viene confermata la soppressione gia' sancita dalla Corte Costituzionale con sentenza n.30,83, del secondo comma dell'art.2 della vecchia normativa, che assegnava la prevalenza della cittadinanza al padre, ancorche' la paternita' fosse stata riconosciuta o dichiarata posteriormente alla maternita'.

Si ritiene che la decorrenza da attribuire all'acquisto dello status civitatis dovuto al riconoscimento ed alla dichiarazione giudiziale di filiazione retroagisce alla nascita.

Invero, l'effetto del riconoscimento non e' quello di creare con effetto ex nunc lo stato di figlio naturale, ma quello di riconoscere cio' che gia' e' e quindi, con effetto ex tunc, il titolo dello stato di figlio, stato che per il solo fatto naturale della procreazione compete al figlio medesimo fin dalla nascita e sulla base del quale egli puo' conseguentemente reclamare tutti i diritti che secondo la legge a lui ne derivano.

In tal senso anche la Corte di cassazione (cfr. sentenze 20 maggio 1961, n.1196 e 19 marzo 1981, n.1584) la quale ha affermato che "il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale, fondati entrambi sul fatto naturale della procreazione, hanno efficacia dichiarativa e quindi ex tunc ed attribuiscono percio' al figlio riconosciuto o dichiarato tutti i diritti che tale stato determina".

d) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA DA PARTE DELLO STRANIERO O APOLIDE DEL QUALE IL PADRE O LA MADRE O UNO DEGLI ASCENDENTI IN LINEA RETTA DI SECONDO GRADO SIANO STATI CITTADINI PER NASCITA.

Tale fattispecie, regolata dall'art. 4 della nuova legge, riprende, modificandola, quella dell'art.3 della legge n.555/1912.

Rispetto a quest'ultimo articolo, la nuova normativa, da un lato, attribuisce maggior rilievo al criterio della discendenza da un cittadino per nascita, eliminando il requisito della residenza in Italia dei genitori da almeno dieci anni al momento della nascita previsto dalla vecchia disciplina e, dall'altro, riconosce ai fini dell'acquisizione del nostro status civitatis, un valore preminente alla manifestazione di volonta' del soggetto che versi nelle condizioni stabilite dal citato art.4 della legge n.91/1992.

Cosi', il soggetto in questione, con l'espletamento del servizio militare per lo Stato italiano, con l'assunzione di un pubblico impiego alle dipendenze del nostro Paese anche all'estero ovvero "se, al raggiungimento della maggiore eta', risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana", potra' acquisire la cittadinanza solo se lo dichiari espressamente.

Ai fini dell'uniformita' dell'accertamento delle condizioni legittimanti le ipotesi di acquisto di cui ai punti a) e b) del comma 1 dell'art.4, gli operatori del settore dovranno trasmettere direttamente a questo Ministero le dichiarazioni, corredate della prescritta documentazione, rese dai soggetti che vogliano prestare effettivo servizio militare o abbiano assunto un pubblico impiego.

Si soggiunge, peraltro, che la prevalenza della volonta' della persona rispetto alle situazioni di fatto ha eliminato la possibilita' di acquisizione automatica da parte dell'oriano italiano che abbia almeno dieci anni di residenza nel territorio dello Stato.

e) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER BENEFICIO DI LEGGE A SEGUITO DI NASCITA NELLO STATO ITALIANO.

Tale ipotesi e' contemplata dal secondo comma dell'art.4 della legge n.91/1992, il quale prevede che "lo straniero nato in Italia, che via abbia risieduto legalmente senza interruzione fino al raggiungimento della maggiore eta', diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data".

Tale fattispecie riproduce sostanzialmente quella prevista dall'art.3, n.3, della legge n.555/1912, a differenza del quale si richiede in piu' una residenza legale ininterrotta dell'interessato nel nostro territorio dalla nascita fino al raggiungimento della maggiore eta'.

f) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER MATRIMONIO.

Gli articoli 5, 6 7 e 8 della recente legge disciplinano l'acquisto della cittadinanza italiana da parte del coniuge straniero od apolide di cittadino italiano. Al riguardo, rispetto alla normativa prevista dalla legge n.123/1983, sono state apportate poche, ma significative innovazioni.

In primo luogo si osserva come sia stata eliminata la possibilita' che l'istanza intesa ad ottenere la cittadinanza italiana sia presentata dal coniuge italiano.

Ulteriore novita' attiene alle cause ostative all'acquisto della cittadinanza per effetto di condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capo I, II e III del codice penale e nei casi di sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

Subisce invece una sostanziale modifica la preclusione per una condanna conseguente alla commissione di un reato diverso da quelli tassativamente suindicati.

Al riguardo, mentre l'art.2 della legge n.123/1983 faceva riferimento alla concreta entita' della pena inflitta e a qualsiasi delitto non politico, la nuova normativa identifica, invece, la causa ostativa all'acquisto della cittadinanza nella pena edittale prevista, la quale e' preclusiva se non inferiore al massimo ai tre anni e unicamente per i delitti non colposi.

La recente legge ha peraltro individuato una nuova causa ostativa all'acquisto della cittadinanza rappresentata dalla circostanza che lo straniero abbia riportato una condanna per un reato non politico ed una pena detentiva superiore ad un anno, comminata da una autorita' giudiziaria straniera.

La rilevanza nel nostro ordinamento della sentenza di condanna emessa da una autorita' giudiziaria straniera e' pero' subordinata al suo riconoscimento.

Gli articoli 7 e 8 della nuova legge regolano le procedure relative all'accoglimento e al rigetto dell'istanza.

Sotto il primo profilo viene confermato il principio in base al quale lo straniero acquista il nostro status civitatis con decreto del Ministro dell'interno, mentre in ordine al rigetto, il legislatore ha elevato a due anni, dalla data di presentazione dell'istanza documentata, il termine, scaduto il quale e' preclusa l'emanazione del decreto del Ministro dell'interno di rigetto all'acquisto della cittadinanza.

Peraltro, onde facilitare il celere disbrigo degli adempimenti procedurali connessi alla concessione di che trattasi, si raccomanda che l'istanza ex art.7 legge n.91/1992, sia compilata secondo l'allegato modello A.

g) ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER NATURALIZZAZIONE.

L'art.9 della legge n.91/1992 prevede i casi di concessione della cittadinanza italiana mediante decreto del Presidente della Repubblica, materia in precedenza regolata dall'art.4 della legge n.555/1912 ed alla quale vengono apportate profonde ed importanti modificazioni.

Si osserva al riguardo che il citato articolo prevede discipline differenziate, in considerazione di specifici requisiti degli aspiranti.

La regola generale e' quella che consente allo straniero di richiedere la cittadinanza dopo dieci anni di residenza nello Stato.

Numerosi pero' sono i casi per i quali viene richiesto un periodo di residenza inferiore.

La lettera a) ad esempio prevede, ove non sussistano i presupposti per l'acquisto ope legis, che lo straniero nato nel territorio della Repubblica o del quale il padre, la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, possa richiedere la naturalizzazione ove in possesso del requisito della residenza triennale protrattasi nel periodo immediatamente precedente la data di inoltro della domanda.

La lettera b) contempla l'ipotesi di una naturalizzazione agevolata per gli adottati maggiorenni, i quali possono richiedere la cittadinanza dopo cinque anni di residenza successivi all'adozione. Detta norma attenua gli effetti dell'attuale diversa disciplina che consente ai minori di acquisire immediatamente e automaticamente la cittadinanza italiana, mentre esclude, da detto beneficio chi sia stato adottato da maggiorenne anche se l'adozione sia intervenuta decorsi pochi giorni dal compimento della maggiore eta'.

La lettera c) del citato articolo consente allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, alle dipendenze dello Stato di richiedere la cittadinanza dopo cinque anni di durata del relativo rapporto, anziche' i tre previsti dal corrispondente art.4 della legge n.555/1912.

La lettera d), in adesione allo spirito che deve informare la politica degli Stati membri della comunita' europea, prevede che i cittadini di detti Stati possano proporre istanza solo dopo quattro anni di residenza nel territorio.

Le lettera e) consente una riduzione del periodo di residenza anche per gli apolidi, ai quali sono equiparati, ai sensi dell'art.16 della legge, i rifugiati riconosciuti dallo Stato italiano.

Il secondo comma dell'art.9 in esame sostituisce le previsioni dell'art.4, della legge 13 giugno 1912, n.555, tanto al punto 3 quanto all'ultimo comma.

Queste ultime, infatti, stabilivano che poteva essere concessa la cittadinanza, sentito il Consiglio di Stato, allo straniero che risiedeva da due anni nello Stato ed avesse reso notevoli servigi all'Italia, nonche' che era in facolta' del Governo di concedere, in casi eccezionali e per speciali circostanze, la cittadinanza italiana.

La recente legge, nell'unificare queste due ipotesi, stabilisce che la concessione avviene, prescindendo da qualsiasi periodo di residenza, con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro degli affari esteri. Viene quindi precisato che per la determinazione del Governo, gia' prevista dall'attuale disciplina, e' necessaria la deliberazione del Consiglio dei Ministri. Viene altresi' introdotto il concerto del Ministro degli affari esteri.

Si soggiunge, peraltro, che l'art.18 della legge n.91/1992 equipara agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica di cui all'art.9, comma 1, lettera a) i cittadini austro-ungarici ed i loro discendenti che emigrarono prima della loro annessione all'Italia, dai territori acquisiti col Trattato di pace di Saint Germain, entrato in vigore il 16 luglio 1920.

Pertanto, le persone gia' appartenenti a Stati facenti perte della monarchia austro-ungarica ed i loro discendenti in linea retta possono ottenere la naturalizzazione italiana alla condizione di favore di un periodo di residenza di soli tre anni nel territorio della Repubblica.

Nell'ambito della naturalizzazione va, altresi', segnalato, l'art.21 della legge n.91/1992, il quale stabilisce che "Ai sensi e con le modalita' di cui all'art.9, la cittadinanza italiana puo' essere concessa allo straniero che sia stato affiliato da un cittadino italiano prima della data di entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n.184, e che risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno sette anni dopo l'affiliazione".

Peraltro, onde facilitare il celere disbrigo degli adempimenti procedurali connessi alla concessione di che trattasi, si raccomanda che l'istanza ex art. 9 legge n.91/1992, sia compilato secondo l'allegato modello B.

i) CONSIDERAZIONI IN ORDINE AL POSSESSO DEI REQUISITI PER OTTENERE LA CITTADINANZA AI SENSI DEGLI ARTICOLI 5 E 9 DELLA LEGGE N.91/1992.

Si precisa che i requisiti legali previsti per la naturalizzazione debbono sussistere sino al momento in cui il naturalizzando rendera' il prescritto giuramento di fedelta' di cui all'art. 10 della legge, cui e' subordinata la piena operativita' del provvedimento attributivo della cittadinanza.

Deve quindi permanere sino all'effettuazione del giuramento il requisito della residenza legale nella Repubblica.

Si rammenta, infatti, che ai fini della cittadinanza, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione, la nozione da assumere riguardo alla residenza e' quella contenuta nell'art.43 del codice civile, che la individua nel luogo dove la persona ha la propria effettiva dimora abituale, non risultando pertanto sufficiente la mera iscrizione anagrafica nei registri della popolazione residente.

Si fa presente che, in materia di iscrizione anagrafica la legge 24 dicembre 1954, n.1228, prescrive all'art.2, comma 1, che "e' fatto obbligo ad ognuno di chiedere per se e per le persone sulle quali esercita la patria potesta' o la tutela, la iscrizione alla anagrafe del comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazioni di posizioni anagrafiche, a norma del regolametno, fermo restando, agli effetti dell'art.44 del codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del comune di precedente residenza".

Si soggiunge, altresi', che la legge 28 febbraio 1990, n.39, di ocnversione, con modificazioni del decreto legge 30 dicembre 1989, n.416, prescrive all'art.4, comma 1, che "possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'art. 3 che siano muniti di permesso di soggiorno, secondo le disposizioni del presente decreto".

Pertanto, la qualificazione della residenza quale legale effettuata dal legislatore all'art.5 e all'art.9, comma 1, lettere a), b), d), e), f), comportera' che, ai fini dell'applicazione delle succitate disposizioni della legge, l'interessato debba avere e mantenere effettiva ed abituale dimora nel territorio della Repubblica che dovra' essere comprovata iuris tantum dalla certificazione relativa alla propria iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente di un comune nonche' avere soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme vigenti in materia di soggiorno degli stranieri.

Da quanto sopra discende, quindi, che qualora si sia verificata la perdita di una delle condizioni previste dagli artt.5 e 9 della legge, gli organi partecipanti all'istruttoria devono segnalarlo allo scrivente Ministero, restituendo il decreto di conferimento ove gia' ne siano in possesso.

PERDITA DELLA CITTADINANZA ITALIANA.

La disciplina della perdita del nostro status civitatis prevista dalla vecchia normativa ha subito profonde innovazioni con la recente legge n.91/1992.

La norma che, principalmente, regola tale evenienza e' l'art.11, il quale prevede che "il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma puo' ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero".

Pertanto, a differenza dell'impianto normativo previsto dall'art.8 della legge 555/1912, l'art.11 della legge n.91/1992 consente, al nostro connazionale, il quale risiedendo all'estero, consegua spontaneamente uno status civitatis straniero, di mantenere la titolarita' della cittadinanza italiana, salvo che non vi rinunci secondo le modalita' stabilite dall'art.23 della stessa legge 91/1992, vale a dire con dichiarazione formale resa all'autorita' diplomatica o consolare italiana competente in relazione al luogo estero di residenza.

Da quanto sopra discende quindi che le dichiarazioni di rinuncia cittadinanza italiana effettuate da connazionali dinnanzi ad autorita' diverse da quelle indicate nell'art.23 della legge n.91/1992 non avranno alcuna efficacia giuridica nell'ordinamento italiano.

Peraltro, va rilevato che l'art.11 sembra riaffermare il principio della non rinunziabilita' della cittadinanza italiana da parte del connazionale che non sia titolare di altra/e cittadinanza/e, al fine di evitare una condizione di apolidia.

a) PERDITA DELLA CITTADINANZA ITALIANA IN CONSEGUENZA DI SVOLGIMETO DI ATTIVITA' IN CONTRASTO CON I DOVERI DI FEDELTA' VERSO LO STATO.

L'art.12 della legge n.91/1992 determina i casi residui di dismissione della cittadinanza dovuti all'esercizio di attivita' le quali siano incompatibili con l'obbligo, che incombe su tutti i cittadini, di essere fedeli alla Repubblica.

Il primo comma di detto art.12 regola le ipotesi nelle quali la perdita della cittadinanza e' legata al rifiuto di abbandonare una carica, un impiego o il servizio militare presso uno Stato estero, od un ente straniero o internazionale, quando cio' sia richiesto dal Governo italiano mediante intimazione.

Il secondo comma dell'art.12 estende poi la disciplina prevista dal primo comma del medesimo articolo anche all'ipotesi di servizi volontariamente resi dal cittadino ad una potenza straniera con la quale si trovi in stato di guerra.

In tali casi, pero', la dismissione del nostro status civitatis avviene automaticamente al momento della cessazione dello stato di guerra, non essendo richiesta la mancata ottemperanza all'intimazione del Governo di porre fine ai comportamenti contrari ai doveri di fedelta' che incombono su ogni cittadino.

b) PERDITA DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER REVOCA DELL'ADOZIONE.

Ulteriore causa di perdita della cittadinanza, prevista dall'art.3, terzo e quarto comma, della legge n.91/1992, e' costituita dalla revoca dell'adozione per fatti tanto dell'adottante quanto dell'adottato.

Il comma 3, in particolare, prevede "che qualora l'adozione sia revocata per fatto dell'adottato questi perde la cittadinanza, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti".

Nel caso in cui invece la revoca dell'adozione avvenga per fatti dell'adottante, l'adottato conserva la cittadinanza.

Peraltro, l'ultima parte del comma 4 del medesimo art.3 dispone che "qualora la revoca dell'adozione intervenga durante la maggiore eta' dell'adottato, lo stesso, se in possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti, potra' comunque rinunciare alla cittadinanza entro un anno dalla revoca stessa".

Siffatta disposizione, pertanto, attribuisce all'interessato una facolta' di rinuncia con un definito limite temporale (un anno dalla revoca dell'adozione), ma senza alcuna condizione di ritenzione o di trasferimento della residenza all'estero.

e) CONSEGUENZE IN RELAZIONE ALLA PERDITA DELLA CITTADINANZA.

L'art.22 della legge n.91/1992, in relazione alla perdita della cittadinanza, prevede che "per coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano gia' perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art.8 della legge 13 giugno 1912, n.555, cessa ogni obbligo militare".

Siffatta disposizione modifica la regola contenuta nell'art.8, ultimo comma, della legge n.555/1912, ove era prescritto che la dismissione della cittadinanza nei casi previsti dal medesimo art.8 non esimeva l'interessato dagli obblighi del servizio militare.

La Corte costituzionale, com'e' noto, con sentenza resa l'11 ottobre 1988, n.974, dichiaro' illegittima tale norma, nella parte in cui imponeva la presentazione del servizio militare anche a coloro che non erano piu' cittadini ed avevano assolto regolarmente agli obblighi di leva nelle Forze armate dello Stato di naturalizzazione, evitando cosi' una ingiustificata discriminazione rispetto ai soggetti in possesso di doppia cittadinanza che invece ne erano esentati.

RIACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA

L'art.13 della nuova legge indica le condizioni e le procedure per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di chi l'abbia perduta.

Si tratta della materia precedentemente regolata dall'art.9 della legge n.555/1912, rispetto alla quale intervengono importanti modificazioni innovative.

In primo luogo, si segnala che l'istituto del riacquisto assume una valenza di carattere generale.

Viene, infatti, prevista, in base al citato art.13, la possibilita' di recuperare il nostro status civitatis in favore di chiunque l'avesse dismesso, a prescindere dai motivi della perdita, mentre nell'art.9 della legge n.555/1912 la facolta' di riacquisto era correlata a specifiche ipotesi di perdita.

La nuova legge inoltre tende a privilegiare, nel determinare le modalita' di riacquisto della cittadinanza, la manifestazione di volonta' del soggetto interessato piuttosto che il verificarsi di predeterminati fatti e circostanze.

Pertanto, la nuova normativa circoscrive al massimo il determinarsi di automatismi che possono in qualche misura sacrificare la libera scelta del soggetto, con la conseguenza che meri comportamenti non sono configurabili quale espressione implicita di una volonta' di riacquisto.

In tale contesto, l'art.13, primo comma, alle lettere a) e b), prevede una generale facolta' di riacquisto della cittadinanza italiana, qualora l'interessato renda apposita dichiarazione in tal senso ed alla ulteriore condizione di prestare effettivo servizio militare o di assumere un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero.

Ai fini dell'uniformita' dell'accertamento delle condizioni legittimanti le ipotesi di riacquisto di cui ai punti a) e b) del comma 1 dell'art.13, gli operatori del settore dovranno trasmettere direttamente a questo Ministero le dichiarazioni corredate dalla prescritta documentazione rese dagli ex connazionali che vogliano prestare effettivo servizio militare o abbiano assunto un pubblico impiego.

Peraltro, la lettera d) del medesimo articolo prevede l'istituto del riacquisto automatico, riducendo, rispetto alla precedente normativa, la residenza nel territorio della Repubblica ad un solo anno, ed attribuendo all'ex connazionale la facolta' di rinunciare al nostro status civitatis al fine di salvaguardare la volonta' del soggetto.

In tale ambito, si rappresenta che in sede di schema regolamentare e' stata contemplata la facolta' di rinunciare al riacquisto automatico della cittadinanza di cui all'art.13, comma 1, lettera d), anche da parte di coloro i quali, non avendo ancora recuperato la cittadinanza secondo le disposizioni di cui all'art.9, comma 1, n.3, dell'abrogata legge n.555/1912, abbiano maturato o maturino il periodo di residenza di cui al citato art.13, comma 1, lettera d).

Si soggiunge, altresi', che per tutte le ipotesi ora esaminate, il riacquisto interverra' "dal giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e le formalita' richieste" (ex art.15 della legge n.91/1992).

Resta confermato nel nuovo impianto normativo l'istituto dell'inibizione al riacquisto, che dovra' essere disposta, ai sensi dell'art.13 della legge n.91/1992, con decreto del Ministro dell'interno, per gravi e comprovati motivi e su conforme parere del Consiglio di Stato entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni fissate dalla legge, purche' intervenga il recupero.

Risulta, altresi', caducata dalla nuova legge la disciplina prevista dall'art.9 della legge n.555/1912, concernente la permissione al riacquisto della cittadinanza, adottata con provvedimento amministrativo discrezionale, in favore dell'ex connazionale che, pur senza rientrare in Italia, avesse dismesso il possesso della cittadinanza dello Stato straniero di appartenenza ed aveva trasferito da almeno un biennio la residenza sul territorio di uno Stato estero, non assumendone la cittadinanza.

Si soggiunge, altresi', che si e' dell'avviso che l'istituto del riacquisto ex art. 13 legge n.91/1992 sia applicabile nei confronti di quei soggetti gia' investiti della cittadinanza italiana in conformita' alle disposizioni normative vigenti al momento della loro nascita e successivamente privati anche con effetto ex tunc, durante la loro minore eta', della titolarita' del nostro status civitatis in conseguenza di eventi giuridicamente rilevanti per l'ordinamento italiano (es.figlio nato antecedentemente al 1^ gennaio 1948 da madre italiana e da padre ignoto, successivamente riconosciuto dal padre, che a lui trasmette la cittadinanza; soggeto nato in Italia da genitori ignoti, successivamente riconosciuto da padre e/o madre stranieri che a lui trasmettano la cittadinanza).

c) RIACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER COLORO CHE L'HANNO PERDUTA IN BASE AGLI ARTICOLI 8 E 12 DELLA LEGGE N.555/1912 E ART.5 DELLA LEGGE N.123/1983.

Un regime transitorio di sanatoria e' poi fissato dall'art.17 della legge n.91/1992, il quale stabilisce che "chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n.555, o per non aver reso l'opzione prevista dall'art.5 della legge 21 aprile 1983, n.123, la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge".

In base alla previsione normativa di che trattasi, il riacquisto della cittadinanza italiana puo' avvenire, per il biennio successivo all'entrata in vigore della legge, senza la necessita' dello stabilimento della residenza in Italia. Non risulta, peraltro, in detta fattispecie, inserita la possibilita' dell'inibizione al riacquisto.

Si soggiunge, altresi', che il secondo comma dell'art.17 della legge n.91/1992 conferma, come disciplina di regime, la particolare regolamentazione del riacquisto dello status civitatis prevista dall'art.219 della legge 19 maggio 1975, n.151, in favore della nostra ex connazionale che lo avesse perduto per l'acquisto iure matrimoni della cittadinanza straniera del coniuge.

Si precisa, peraltro, che nel caso in cui i soggetti risultino destinatari contemporaneamente della normativa tanto contenuta nell'art.13 quanto di quella menzionata nell'art.17, si ritiene che gli interessati abbiano la facolta' di avvalersi delle disposizioni da loro considerate piu' favorevoli.

REGIME GIURIDICO DELLE DICHIARAZIONI.

La materia e' regolata, principalmente dall'art.23 primo comma, della legge, il quale stabilisce che le "dichiarazioni per l'acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinuncia alla cittadinanza e la prestazione del giuramento previsto dalla presente legge sono rese all'ufficiale dello stato civile dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti all'autorita' diplomatica o consolare del luogo di residenza".

Al riguardo si precisa che le dichiarazioni di cui sopra e la prestazione del giuramento di cui all'art.10 della legge, possono essere rese, oltre che, ovviamente, dinanzi all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza anche dinanzia a quello del comune dove l'interessato intende stabilire la residenza, a condizione che abbia gia' formalmente avviato la procedura di iscrizione anagrafica, ancorche' questa non sia stata ancora definita.

Per quanto concerne la documentazione da produrre a corredo delle dichiarazioni di cui all'art.23 della legge, si fa presente che essa deve essere tutta quella necessaria ad attestare che il dichiarante si trova nelle condizioni previste dalla legge. A tal fine si richiama a titolo meramente esemplificativo, quella indicata nel decreto del Ministero di grazia e giustizia del 22 maggio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1^ giugno 1992, n.127, recante "Modificazioni al modulario e formulario per gli atti dello stato civile".
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