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Rif. DV05457
Documento 01/07/1998 CIRCOLARE
Fonte MINISTERO DELLE FINANZE
Tipo Documento CIRCOLARE
Numero 171
Data 01/07/1998
Riferimento
Note INTERO TESTO
Allegati
Titolo IMPOSTA DI BOLLO - 'IMPOSTA DI BOLLO - ART. 2 E 28 DELLA VIGENTE TARIFFA DI BOLLO'
Testo Da più parti vengono chiesti chiarimenti in merito al regime, agli effetti dell'imposta di bollo, della documentazione posta in essere dalle imprese in occasione dello svolgimento di contratti di appalto stipulati con la Pubblica amministrazione.

In particolare viene posto quesito in ordine alla misura del tributo di bollo sui numerosi documenti quali, a titolo esemplificativo, i verbali e gli atti di avanzamento dei lavori mensili, i verbali di visita, di collaudo e altri atti che nella pratica assumono le più diverse denominazioni.

Com'è noto, gli atti in parola, quali atti di architetti, periti e misuratori o professionisti in genere, ricadono, in linea generale, tra quelli soggetti all'imposta di bollo nella misura di lire 600 solo in casi d'uso indicati nell'art. 28 della vigente Tariffa (parte II) approvata con D.M. 20 agosto 1992, caso d'uso che si verifica con la presentazione degli stessi scritti all'ufficio del registro per la registrazione (art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642).

C'è da tener presente che, prima delle modifiche apportate alla disciplina dell'imposta di bollo con il D.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955, il caso d'uso ricorreva, oltre che con la presentazione degli atti all'ufficio del registro, anche in occasione della loro produzione o esibizione in giudizio nell'ipotesi di allegazione a un atto pubblico o di deposito presso cancellerie o presso amministrazioni pubbliche.

Va precisato, poi, che l'art. 2 della citata Tariffa (parte I), prevede che "le scritture private contenenti convenzioni con le quali si creano, si modificano, si estinguono, si accertano o si documentano rapporti giuridici di ogni specie, descrizioni, constatazioni e inventari destinati a far prova fra le parti che li hanno sottoscritti" sono soggetti al tributo fin dall'origine nella misura di lire 20.000 per ogni foglio. In tale disposizione rientrano, oltre che tutti i contratti di natura privatistica, tutte le scritture nonché le dichiarazioni unilaterali che importino costituzione, modificazione, trasferimento, riconoscimento ed estinzione di diritti di qualsiasi natura, sempreché non redatti in forma di corrispondenza (art. 24 della citata Tariffa).

La portata delle anzidette disposizioni ingenera perplessità nelle parti, che incorrono di frequente in trasgressioni, nella maggior parte in buona fede, attese le diverse interpretazioni cui le stesse parti pervengono.

Al riguardo giova rilevare che l'elemento tipico della scrittura privata deve rinvenirsi in un elemento formale rintracciabile nella sottoscrizione di coloro che l'hanno posta in essere, dato che tale documento può assumere il contenuto più vario; ne discende che una lettera del destinatario dovrebbe qualificarsi come scrittura privata.

Ciò, per quanto riguarda gli atti relativi al contratto di appalto, porterebbe alla conseguenza che tutta la ponderosa documentazione tecnico-contabile richiesta dalle disposizioni che regolano minuziosamente l'iter procedimentale degli appalti dovrebbe essere redatta in bollo (lire 20.000 per ogni esemplare, non trascurando che spesso il documento è formato da una sola facciata anche se di misura diversa da quella del foglio di carta bollata e non contiene scritti bensì disegni o schemi e simili), recando di norma la firma sia dell'ente appaltante sia della controparte. Da quanto esposto consegue che tali atti, di contenuto identico nella previsione legislativa, scontano l'imposta in misura diversa e cioè di lire 600 se recano la firma di una sola parte o di lire 20.000 se recano la firma di entrambe le parti.

Inoltre, dalla circostanza che, di solito, gli atti scaturenti dall'originario contratto di appalto sono controfirmati dal committente, discenderebbe che l'art. 28 risulterebbe difficilmente applicabile nella fattispecie in esame.

Invero, se la norma avesse la limitata portata sopradelineata, sarebbe inutile, laddove è corretto canone ermeneutico, interpretarla nel senso in cui abbia una sua precisa finalità e utilità.

Ciò posto, interpellata in merito l'avvocatura generale dello Stato, che si è espressa con parere prot. n. 27400 c.s. 5296/96 in data 25 febbraio 1997, si ritiene che gli atti degli appaltatori, diversi dalle dichiarazioni negoziali anche unilaterali (ossia gli atti a contenuto negoziale che costituiscono, modificano, estendono o estinguono gli effetti del contratto, quali gli atti aggiuntivi, le dichiarazioni di rinuncia e simili atti da cui discendono effetti sul rapporto) siano riconducibili all'art. 28 della ripetuta Tariffa (parte II) approvata con D.M. 20 agosto 1992 e quindi soggetti all'imposta di bollo nella misura di lire 600 solo in caso d'uso.



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