Testo
|
La modifica del Titolo V della Costituzione approvata dal referendum popolare dell’ottobre 2001 aveva introdotto, nel silenzio generale, una dirompente novità per i professionisti, in grado di produrre imprevedibili ricadute sulle professioni e su quella di ingegnere in particolare. Infatti con l’art. 117 della Costituzione, riformato appunto con la legge costituzionale n.3 del 2001, entrava nel nostro sistema delle professioni la legislazione concorrente tra Stato e Regioni, stabilendo un indefinito e generico confine (i principi generali allo Stato) fra le competenze dei due organismi legislativi.
L’aspetto più sorprendente di tale nuova normativa costituzionale fu l’inserimento nella legislazione concorrente delle professioni tutte, comprese quelle intellettuali e anche quelle regolamentate per le quali la Costituzione stessa impone un esame di Stato.
La preoccupazione di possibili fughe in avanti da parte delle Regioni si materializzò ben presto con il fiorire di leggi e disegni di legge sulla materia che intervenivano su deontologia, tariffe, qualità, istituendo addirittura nuove professioni: tutti aspetti che a chiunque paiono subito costituire principi generali della materia e quindi indiscutibilmente rientranti nell’esclusiva competenza dello Stato.
A frenare l’affannosa corsa delle Regioni non furono sufficienti neppure alcuni interventi della Corte Costituzionale che richiamavano la competenza esclusiva dello Stato su questi punti ed in particolare sulla istituzione di nuove figure professionali.
Il CNI non mancò di intervenire tempestivamente presso il Governo per contrastare questa pericolosa tendenza ed, all’uopo, su invito e d’accordo con il Ministro delle Regioni, on.le La Loggia, organizzò una manifestazione in Palermo (febbraio 2004), d’intesa anche con l’Ordine di quella provincia.
Si potè così pubblicamente denunciare al Ministro, i rischi che una deregulation incontrollata avrebbe comportato: non solo confusione per le professioni ma anche e soprattutto per i cittadini stessi che si sarebbero trovati in breve di fronte ad una babele di professioni legittimate nei ristretti ambiti di una Regione.
L’appello rivolto alle forze politiche dal CNI e dagli Ordini e dalle Federazioni regionali degli Ingegneri venne favorevolmente accolto dal Ministro La Loggia, che dette inizio ad una lunga e complessa procedura (le cui tappe sono dettagliatamente indicate nelle premesse del Decreto) per dare attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge 5 giugno 2003, n.131.
Con il pieno sostegno del Ministro si è così giunti superando tante difficoltà, alla emanazione ed alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale " Serie Generale n. 32 dell’8 febbraio 2006 del Decreto legislativo di cui in oggetto, entrato in vigore il giorno 17 febbraio u.s. e cioè 15 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il Decreto legislativo (d’ora in poi chiamato "decreto") è stato approvato dal Governo proprio per dare attuazione, nel settore delle professioni, alla delega rilasciata dal Parlamento con la citata legge n. 131 del 2003 (d’ora in poi chiamata "legge").
L’art. 1 della legge al comma 3 specifica che "nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano potestà legislativa nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti".
Tale comma, quindi, riguarda, fra l’altro, anche la materia delle professioni, come chiaramente indicato nell’art. 117 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 che ha revisionato il titolo V della seconda parte della Costituzione.
Il successivo comma 4 dello stesso art. 1 della legge ha stabilito che "fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi principi fondamentali", il Governo è delegato ad adottare "uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dal nuovo art.117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai principi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, professionalità ed omogeneità".
Poiché fra le materie previste dal nuovo art.117, terzo comma, della Costituzione (legislazione concorrente) vi è proprio quella delle professioni, il Governo ha, quindi, doverosamente provveduto ad emanare il decreto che attua la "ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni".
Per quanto riguarda il testo del decreto, si possono formulare le prime seguenti e sommarie osservazioni: - l’art. 1 del decreto sancisce che la potestà legislativa regionale, nel rispetto dei principi fondamentali precisati negli articoli successivi, va esercitata "sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale".
Nel comma 4 dello stesso articolo sono poi chiaramente indicate tutte le disposizioni che non rientrano nell’ambito di applicazione del decreto, cioè quelle che restano riservate alla legislazione statale, senza alcuna possibilità di intervento legislativo regionale.
Tra queste, tutto ciò che riguarda l’Università, l’esame di Stato, i titoli universitari, il tirocinio, le abilitazioni, l’ordinamento e l’organizzazione degli Ordini e Collegi professionali, gli albi, i titoli professionali ed anche quelli esteri riconosciuti equipollenti.
La disposizione ha, quindi, deciso conformemente a quanto da sempre auspicato da questo CNI e dalla stragrande maggioranza degli ingegneri; - nell’art.2 del decreto viene, poi, affermata vigorosamente la "libertà professionale" quale espressione del principio della libertà di iniziativa economica, con il divieto di qualsiasi discriminazione e con l’affermazione dell’autonomia del professionista anche quando l’attività professionale venga esercitata in forma di lavoro dipendente.
Perciò "le regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l’esercizio della professione".
Le Regioni, comunque, possono riconoscere le associazioni rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate o tipiche, disciplinate dall’art. 2229 del Codice Civile, quando possiedano i requisiti prescritti dalla legge per il conferimento della personalità giuridica.
Su questo punto occorrerà attentamente vigilare affinché le leggi regionali non procedano ad indebite equiparazioni sostanziali fra Associazioni ed Ordini; - particolarmente importante anche l’art. 3 del decreto, laddove: a) nel primo comma, a proposito del rispetto della disciplina statale della concorrenza, si fa rinvio alle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela, fra l’altro, della "riserva di attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale"; b) nel secondo comma, a proposito dell’esercizio dell’attività professionale in forma di lavoro autonomo, che viene equiparata all’attività di impresa secondo il Trattato CE, è fatto però "salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali"; c) nel terzo comma dove, nel rispetto della normativa comunitaria, si ammettono "interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali"; - nell’art. 4 del decreto, dopo l’affermazione sul libero "accesso all’esercizio delle professioni" si stabilisce che la definizione dei "requisiti tecnico-professionali e dei titoli professionali necessari per l’esercizio delle attività professionali che richiedono una specifica preparazione a garanzia di interessi pubblici generali" compete unicamente alla "legge statale"; - importante anche, nell’art. 5 del decreto, il richiamo del rispetto, nell’esercizio delle attività professionali, "dell’autonomia e responsabilità del professionista"; - dopo l’art. 6, dedicato alla speciale normativa prevista per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano, all’art. 7 del decreto si afferma che: a) "i principi fondamentali di cui al presente decreto legislativo si applicano a tutte le professioni".
b) però "restano fermi quelli riguardanti specificamente le singole professioni".
Va, infine, rilevato che un altro, importante passo avanti è stato fatto con l’approvazione in data 16 novembre 2005 della legge contenente "Modifiche alla Parte II della Costituzione che all’art. 39, comma 8. modificando l’articolo 117 della Costituzione vigente, trasferisce alla competenza esclusiva dello Stato l’ "Ordinamento delle Professioni Intellettuali".
Questa legge, ovviamente, risolverebbe alla radice ogni controversia sulla materia, per la maggiore forza che una norma costituzionale possiede rispetto ad una legge ordinaria o ad un decreto delegato come quelli sopra indicati.
Tuttavia, questa legge approvata dal Senato in IV lettura nel novembre scorso, non è stata ancora promulgata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, in quanto sottoposta a referendum abrogativo su istanza di oltre 500.00 elettori e di oltre 5 Consigli regionali, in base all’articolo 138 della Costituzione.
La norma quindi resta per ora "sub judice" e potrà diventare operativa soltanto nel caso che la proposta di referendum abrogativo non ottenga il voto favorevole dell’elettorato.
Per una migliore informazione si trasmette in allegato copia del testo del decreto in questione.
Allegato LG09247
|