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Rif. DV09195
Documento 29/11/2005 CIRCOLARE - XVI SESSIONE
Fonte CNI
Tipo Documento CIRCOLARE
Numero 480
Data 29/11/2005
Riferimento Protocollo CNI n. 2795 del 29/11/2005
Note
Allegati

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Titolo COMPETENZE PROFESSIONALI DEI LAUREATI IN INGEGNERIA CIVILE SUI BENI IMMOBILI DI INTERESSE STORICO ED ARTISTICO - RIEPILOGO ULTIMA GIURISPRUDENZA FAVOREVOLE ALLA CATEGORIA - PROSPETTIVE
Testo Con la presente si intendono richiamare e segnalare tutte le recenti pronunce della giurisprudenza che, in vario modo, hanno inteso sostenere la legittimazione degli ingegneri civili ad intervenire sugli immobili di carattere storico ed artistico e che, allo scopo, hanno propugnato la equiparazione dell’ingegnere civile all’architetto, sulla base del disposto della direttiva 85/384/CEE.

Viene inoltre trasmessa una disposizione di legge contenuta nella legge comunitaria 2004, che risulta utile anch’essa per sorreggere e promuovere le ragioni degli ingegneri civili.

Questo affinché tutti gli Ordini e le Federazioni possano tutelare al meglio e con dovizia di argomenti i propri iscritti impegnati in contestazioni con le Amministrazioni locali.

Le più significative tappe del biennio 2004-2005 che hanno avuto ad oggetto la possibilità per gli ingegneri civili ricompresi nella direttiva 85/384/CEE di intervenire sugli edifici vincolati sono costituite:
1) dall’ordinanza 5 aprile 2004 della Corte di Giustizia;
2) dal parere del Consiglio di Stato 24/11/2004 (allegato alla circolare CNI n. 472 del 24/10/2005);
3) dall’articolo 2, comma 1, lettera h), della legge comunitaria 2004;
4) dall’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2379 del 11/5/2005;
5) dall’ordinanza del Tar Veneto del 28/9/2005 (v. allegati).

ORDINANZA CORTE DI GIUSTIZIA 5 APRILE 2004

L’ordinanza della Corte di Giustizia UE (Quarta Sezione) 5 aprile 2004 si è occupata della questione dell’equivalenza dei titoli di architetto e di ingegnere civile ai sensi della direttiva 85/384/CEE, con esito interlocutorio.

Relativamente alle conseguenze derivanti dalla direttiva 85/384/CEE - pur riconoscendo che vi può essere "una discriminazione alla rovescia, poiché gli ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non hanno accesso, in tale Stato membro, all’attività di cui all’art. 52, secondo comma, R.D. n.
2537/1925, mentre tale accesso non può essere negato alle persone in possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in un altro Stato membro" - ha preferito non entrare nel merito della questione, stabilendo che - riguardo l’equiparazione ingegnere civile /architetto - " spetta al giudice nazionale stabilire se vi sia una discriminazione vietata dal diritto nazionale e, se del caso, decidere come essa debba essere eliminata" (l’Ordinanza della Corte di Giustizia è rinvenibile sulla banca dati Internet del CNI).

La Corte di Giustizia, quindi, pur non accogliendo le istanze della Categoria, ha fissato l’importante principio che spetta al giudice italiano risolvere la questione.

PARERE CONSIGLIO DI STATO 24/11/2004

In sede di ricorso straordinario presentato da un iscritto all’Ordine di Verona, il Consiglio di Stato, II Sezione, nell’adunanza del 24 novembre 2004, ha fissato importanti principi in tema di competenza degli ingegneri sugli edifici vincolati (v. circolare CNI n. 472/2005).

Riguardo la corretta interpretazione dell’art. 52, secondo comma, R.D. 2537/1925 il Consiglio di Stato ha chiarito che "Da tale ambito di esclusività" dell’architetto "tuttavia la norma sottrae con formula espressa, da interpretare secondo il suo significato letterale, la c.d. parte tecnica, cioè le attività progettuali e di direzione lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria, anche se riferite ad un immobile di valore storico ed artistico".

Dal che consegue che "al di là di tale specifica e limitata riserva" agli architetti "non vi sono ragioni per escludere la competenza alla progettazione e alla direzione lavori a una professionalità del tutto analoga, quale indubbiamente è quella dell’ingegnere".

Da ultimo il Consiglio di Stato, in maniera innovativa, ha affermato "il pieno titolo degli ingegneri civili a ricoprire la carica di Soprintendente ai beni ambientali e architettonici".

Come si vede il Consiglio di Stato senza mezzi termini ha legittimato la competenza dell’ingegnere civile ad intervenire sugli immobili vincolati, ad esclusione dell’aspetto delle tecniche di restauro (riservato agli architetti).

Si tratta di una importantissima pronuncia, che se ben utilizzata e diffusa sarà in grado di pesare sulle controversie in atto con molte Soprintendenze e amministrazioni locali.

L’ART. 2, COMMA 1, LETTERA H, LEGGE COMUNITARIA 2004

Un altro argomento a favore delle istanze della Categoria si ricava dal disposto dell’art. 2, comma 1, lettera h), della legge comunitaria 2004 (legge 18/4/2005 n. 62: "Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea - Legge comunitaria 2004").

Il legislatore italiano, nella consapevolezza della disparità di trattamento al momento sussistente tra ingegneri civili italiani e professionisti di altri Stati europei in possesso del titolo di ingegnere civile per quel che concerne la possibilità di svolgere in Italia le attività proprie della professione di architetto, con l’art. 2, comma 1, lettera h), della legge comunitaria 2004 ha disposto che venga attuata "una effettiva parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelle degli altri Stati membri dell’Unione europea à. evitando l’insorgere di situazioni discriminatorie a danno dei cittadini italiani nel momento in cui gli stessi sono tenuti a rispettare, con particolare riferimento ai requisiti richiesti per l’esercizio di attività commerciali e professionali, una disciplina più restrittiva di quella applicata ai cittadini degli altri Stati membri" (v. allegati).

L’articolo di legge segnalato, pertanto, si colloca nella prospettiva di mettere al bando le "discriminazioni a rovescio", nell’esercizio di attività professionali, a danno dei cittadini italiani rispetto ai cittadini europei che giungano nel nostro Paese, come tipicamente avviene nel caso degli ingegneri civili.

ORDINANZA CONSIGLIO DI STATO N. 2379/2005

Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 2379 dell’11 maggio 2005, all’esito di una lunga vicenda giudiziaria, ha ritenuto di dover adire la Corte di Giustizia delle Comunità Europee circa la corretta interpretazione da fornire alla direttiva CE 10 giugno 1985 n. 384 sul problema della equiparazione tra architetti e ingegneri civili.

Secondo il giudice amministrativo d’appello, la lamentata discriminazione sarebbe
nvece superata se si potesse affermare che la equiparazione tra i laureati italiani in architettura e in ingegneria civile è già contenuta negli artt. 10 e 11 della Direttiva.

Per il Consiglio di Stato la soluzione della controversia all’esame del Collegio "dipende dunque dalla interpretazione delle citate norme comunitarie, per cui si ritiene di dover chiedere alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di pronunciarsi ai sensi dell’art. 234 del trattato CE" per sapere se ai sensi della direttiva CE 10 giugno 1985 n. 384 siano da ritenere equipollenti per l’Italia le lauree di architettura e di ingegneria civile "nel senso che i laureati in ingegneria civile muniti della relativa abilitazione siano ammessi ad esercitare la professione di architetto e quindi a svolgere tutti i compiti e gli incarichi che eventuali norme interne dello Stato abbiano riservato alla competenza professionale dell’architetto".

Non appena la Corte di Giustizia UE si sarà pronunciata sulla questione sarà cura di questo Consiglio darne tempestiva comunicazione.

Certamente si tratta di un passo importante, ai massimi livelli, a favore del riconoscimento delle istanze degli ingegneri civili.

ORDINANZA TAR VENETO 28/9/2005

L’ordinanza del Tar Veneto 28 settembre 2005 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, secondo comma, R.D. 2537/1925, nella parte in cui reca una riserva a favore degli architetti che non è applicabile ai titolari di diplomi di ingegneria civile o di titoli analoghi, rilasciati in altro Stato membro della Comunità europea, qualora tali titoli siano ricompresi nell’elenco redatto ai sensi dell’art. 7 della direttiva 85/384/CE.

Proprio a seguito della ordinanza interlocutoria citata della Corte di Giustizia, il Tar Veneto ha affermato che "se la disparità di trattamento tra ingegneri civili italiani e titolari di analoghi titoli riconosciuti equivalenti secondo la direttiva 85/384 è irrilevante per il diritto comunitario, non sembra esserlo per il diritto costituzionale italiano".

Secondo la seconda Sezione del Tar Veneto, pertanto, può quindi ravvisarsi "un contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione" dato che "sembra ingiustamente discriminatorio (con violazione del postulato fondamentale dell’art. 3 Cost.) impedire agli ingegneri civili italiani l’accesso ad attività professionali che l’Amministrazione non potrebbe invece vietare nei confronti degli ingegneri civili (o possessori di titoli analoghi) di altri Stati membri".

E’ evidente come anche questa recentissima presa di posizione del Tar Veneto avvantaggi la posizione sostenuta dalle rappresentanze istituzionali degli ingegneri.

Come si vede tutte le pronunce e le vicende segnalate, pur muovendo da casi pratici diversi, confluiscono verso un unico obiettivo, di affermazione della legittimazione degli ingegneri civili, ai sensi della direttiva 85/384/CE, a svolgere in Italia le attività proprie dell’architetto e di richiesta di un intervento del Giudice delle leggi o della Corte di Giustizia CE per risolvere definitivamente la questione e la discriminazione oggi esistente.

Pur non costituendo ancora la decisione finale e ultimativa sulla problematica in esame, tutte le pronunce e i passaggi segnalati, ottenuti grazie alle iniziative della Categoria, possono oggi costituire un valido aiuto e fondamento per sostenere in ogni sede le ragioni degli ingegneri civili.

Questo in attesa delle decisioni di merito della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia UE.


Allegati:
1) Art. 2, comma 1, lettera h), l. 18/4/2005 n. 62 (LG09196);
2) Ordinanza Consiglio di Stato n. 2379/05 (SZ09167);
3) Ordinanza Tar Veneto 28/9/05 (SZ09197).
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