Testo
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Con la presente – facendo seguito alle circolari CNI 13/02/2024 n.130 e 29/05/2024 n.180 (1) – si intende fornire un primo commento alla recente sentenza del Consiglio di Stato, Settima Sezione, 16 aprile 2024 n.3477, che è tornata sul tormentato tema del conto annuale delle spese del personale e dell’obbligo o meno per gli Ordini professionali di assolvere a tale onere amministrativo ed informativo.
Questo perché sono giunte richieste di chiarimento da parte di alcuni Ordini territoriali, allarmati per i contenuti della sentenza e preoccupati per i continui colpi di scena intervenuti sull’argomento, produttivi di confusione circa il quadro regolatorio di riferimento e conseguenti incertezze nell’azione quotidiana degli Uffici dell’Ente.
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Un sintetico riassunto dei fatti – aggiornato alla data odierna – si rende necessario ed opportuno.
I) In passato, di regola, Ordini e Collegi professionali – in virtù della propria specificità e natura - non venivano considerati ricompresi tra i destinatari degli adempimenti di carattere amministrativo e gestionale posti in capo alla generalità delle Pubbliche Amministrazioni elencate nell’art.1, comma 2 (2) (“Finalità ed ambito di applicazione”), del decreto legislativo 30/03/2001 n.165 (3).
II) Nell’anno 2019, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la prima volta, tramite la circolare n.15, aveva incluso gli Ordini e Collegi professionali tra i soggetti pubblici tenuti a partecipare alla rilevazione costituita dal conto annuale delle spese del personale (4).
III) A seguito dell’impugnazione proposta da parte di alcune Categorie professionali, la sentenza del TAR Lazio, 2/11/2022 n.14283 aveva annullato la circolare n.15/2019 del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (5), per violazione del principio di legalità (6).
IV) L’art.20, comma 3-quinquies, del decreto-legge n.44/2023, come convertito dalla legge n.74/2023 (quindi dopo la pubblicazione della sentenza del TAR Lazio menzionata), - con un intervento estemporaneo - ha stabilito che in capo agli Ordini e Collegi professionali resta fermo l’adempimento costituito dal conto annuale delle spese del personale (7).
Adesso si assiste ad un passaggio ulteriore.
Per effetto della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato, VII Sezione, 16/04/2024 n.3477, infatti, è stata riformata e ribaltata la citata sentenza n.14283/2022 del TAR del Lazio, che aveva ritenuto che gli Ordini professionali vadano esentati dalla rilevazione annuale dei costi del personale.
La sentenza in questione interviene successivamente all’approvazione delle modifiche al testo dell’art.2, comma 2-bis, del decreto-legge n.101/2013 che hanno portato all’attuale, espressa previsione dell’obbligo di adempimento del conto annuale in capo agli Ordini professionali, ma – come riporta il par.10 della pronuncia – la parte appellante ha ribadito il proprio interesse alla decisione, “nonostante che la materia sia stata successivamente normata da una nuova legge che ha disciplinato ad hoc la materia”.
Detto in altre parole: la sentenza del Consiglio di Stato è successiva alla riforma che ha previsto, per legge, che gli Ordini professionali siano tenuti alla trasmissione del modello del conto annuale (sciogliendo i dubbi al riguardo) ma, ciononostante, si è occupata della tematica, sotto il profilo della questione di carattere generale e teorico, dell’assoggettabilità degli Ordini e Collegi all’obbligo di comunicazione dei dati concernenti la consistenza del personale e il relativo costo.
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Passando ai contenuti e alle argomentazioni riportate nella decisione del Giudice amministrativo d’appello, si segnala che:
A) L’oggetto del contendere – la rilevazione e comunicazione dei costi del personale (il “conto annuale”) – secondo il punto di vista del Giudicante, è costituito da “taluni oneri informativi, non eccessivamente gravosi, né irragionevolmente incidenti sulla sfera di autonomia decisionale” degli Ordini professionali e riferiti ai costi del proprio personale, nel quadro della definizione delle dinamiche di spesa riferite ad un sistema di bilancio pubblico “allargato”.
B) L’approccio da cui muove il Consiglio di Stato è quello dell’obbligo del rispetto dei principi generali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, che richiede che tutte le Amministrazioni pubbliche debbano concorrere al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
C) Secondo la sentenza n.3477/2024, la lettera e la ratio del testo originario dell’art.60 d.lgs. n.165/2001 – ovvero prima delle ultime modifiche, che hanno espressamente introdotto l’obbligo in capo agli Ordini e Collegi professionali (8) – è quella dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale che l’art.2 della Costituzione pone a carico di tutti i soggetti dell’Ordinamento e quindi anche dell’Ordine professionale.
D) L’Ordine professionale, da un lato, si è visto attribuire dal Legislatore poteri autoritativi nei confronti degli iscritti e un obbligo di iscrizione all’albo per legge, per gli esercenti quella professione; dall’altro lato, (nel ragionamento del Giudice amministrativo) deve logicamente sottostare a (non gravosi, per quanto detto) obblighi informativi e di controllo della oculatezza dell’utilizzo delle risorse, dato che le risorse gestite derivano dall’adesione necessaria degli iscritti.
E) Secondo il Consiglio di Stato, i doveri imposti dalla legge in capo ai professionisti (obbligo di iscrizione all’albo) e ai cittadini (obbligo, per usufruire di determinati servizi, di rivolgersi unicamente ai soggetti aderenti all’Ordine), male si concilierebbero con la rivendicata autonomia privata (9), “che implicherebbe una rilevanza solo privatistica degli Ordini quali associazioni private ad adesione volontaria, di rappresentanza economica degli interessi della categoria e di tutela pro-concorrenziale dei soli operatori associati anche mediante la certificazione della qualità dei servizi dai medesimi erogati.”.
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La decisione del Consiglio di Stato in esame non produce effetti rilevanti sotto il profilo formale, dato che l’obbligo, per gli Ordini professionali, di sottostare all’invio del conto annuale – come detto – era già stato positivamente introdotto, di recente, tramite l’art.20, comma 3-quinquies, del decreto-legge n.44/2023 (v. sul punto, la già citata circolare CNI n.68/2023).
La sentenza è invece suscettibile di determinare importanti effetti sotto il profilo sostanziale, in ragione degli argomenti utilizzati.
Premessa necessaria è quella – già ribadita dagli altri Consigli Nazionali coinvolti – secondo cui le sentenze della Magistratura vanno rispettate nella loro interezza.
Possono essere messe in discussione e contestate attraverso i rimedi che l’ordinamento predispone e dunque attraverso un successivo grado di giudizio che però, nel caso in questione, non sussiste (10), per essere quello dinanzi il Consiglio di Stato l’ultimo grado di giudizio della giustizia amministrativa (11).
Fermo restando l’ossequio dovuto alle sentenze, alcune osservazioni critiche possono – ad avviso del CNI - essere avanzate, sotto il profilo degli argomenti spesi, nell’occasione, dal Giudice amministrativo di appello.
Suscita infatti sorpresa e più di una perplessità sia l’argomentazione basata sulla “non eccessiva gravosità dell’adempimento” in esame (l’obbligo di comunicazione dei costi del personale), sia il riferimento – per risolvere la controversia in maniera tranchant – all’articolo 2 della Costituzione italiana (12).
Per un verso, il riferimento alla maggiore o minore gravosità, nel concreto, dell’adempimento amministrativo imposto sembra introdurre nel dibattito un elemento qualitativo per sua natura sfuggente e opinabile, in quanto di difficile misurazione e – in definitiva – rimesso, di volta in volta, alle valutazioni dell’Autorità amministrativa competente in materia, a danno del principio fondamentale della certezza del diritto.
Per altro verso, appare eccessivo (attraverso un notevole sforzo interpretativo) chiamare in causa il dettato dell’art.2 della Carta costituzionale per sostenere l’assoggettamento di Ordini e Collegi professionali all’obbligo di rilevazione e trasmissione del modello del conto annuale del personale.
Tanto più in presenza di elementi obiettivi, di diritto positivo, che spingono in una direzione contraria.
Basti pensare all’esclusività del finanziamento degli Ordini tramite i contributi dei propri iscritti, ovvero di un principio di sostenibilità finanziaria che ha fatto dichiarare al TAR del Lazio che gli Ordini professionali, “pur svolgendo funzioni di rilievo pubblicistico, non rientrano nella categoria degli enti pubblici sottoposti per legge al controllo sulla spesa, poiché non finanziati con fondi pubblici.”.
Sembra inoltre di poter riscontrare un evidente disallineamento tra le finalità avute di mira dalle misure di razionalizzazione della spesa pubblica, quali il conto annuale delle spese del personale, e la pretesa di includere anche Ordini e Collegi professionali tra i soggetti pubblici destinatari di tali adempimenti.
Secondo lo stesso Consiglio di Stato (13), infatti, la circolare n.15/2019 del MEF ha lo scopo “dello svolgimento delle attività di controllo sulla spesa pubblica incidente sul comporto del personale pubblico, ai sensi dell’art.60 del d.lgs. n.165/2001.”.
Non è senza significato, inoltre, che la rubrica dell’art.60 del Testo Unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (14) sia intitolata “Controllo del costo del lavoro”.
E’ acclarato, pertanto, che “la circolare (del MEF) è indirizzata ai soggetti facenti parte dell’intero plesso delle amministrazioni pubbliche che concorrono a formare l’insieme dei soggetti pubblici finanziati con il bilancio dello Stato” (15).
Ma questo elemento – a parere del Consiglio Nazionale - entra in diretta collisione con la circostanza per cui gli Ordini si finanziano autonomamente (ed esclusivamente) tramite le quote di iscrizione e dunque “il costo del personale di questi ultimi non rientra nel conto consolidato della Pubblica Amministrazione”, ovvero non contribuiscono a formare il bilancio consolidato dello Stato (16).
Se il costo del personale degli Ordini professionali non concorre alla formazione del bilancio dello Stato, non soltanto sarebbe privo di senso gravarli dell’invio di tali elementi informativi, ma si rischierebbe di determinare risultati fuorvianti ed errati, per l’inclusione nel conteggio di valori non pertinenti ed estranei, rispetto alla natura e allo scopo della rilevazione.
Come si vede, si tratta di ragioni giuridiche di non lieve spessore, che paiono più consistenti e fondate rispetto a quelle fatte proprie dal Giudice amministrativo, nella sentenza n.3477/2024.
Ciò non significa che – come ribadito da ultimo all’interno della stessa circolare CNI 1/09/2023 n.84 – secondo il Consiglio Nazionale, per gli Ordini professionali non debba trovare applicazione un principio generale di contenimento della spesa: il principio deve rimanere, ma temperato ai sensi del disposto dell’ art.2, comma 2-bis, del decreto-legge n.101/2013 (17), il quale afferma che gli Ordini e i Collegi professionali “si adeguano, tenendo conto delle relative peculiarità, ai principi del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165… (OMISSIS), e ai soli princìpi generali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica ad essi relativi, in quanto non gravanti sulla finanza pubblica.”.
Ebbene, tale disposizione di legge appare essere stata trascurata, all’interno del ragionamento seguito dal Giudice amministrativo di secondo grado (18).
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Tanto si doveva, in un’ottica di leale collaborazione istituzionale, per rispondere alle sollecitazioni pervenute e allo scopo di riportare, con la necessaria chiarezza, i contenuti della sentenza del Consiglio di Stato n.3477/2024, nonché per puntualizzare la posizione del Consiglio Nazionale al riguardo.
Il tutto fermo restando l’auspicio che le diversità di vedute tra Pubbliche Amministrazioni, - quali sono, con pari dignità, sia la Ragioneria Generale dello Stato, sia gli Ordini e Collegi professionali - per il futuro, si risolvano tramite il dialogo, anche serrato, e la reciproca collaborazione, senza bisogno di ricorrere alla via giudiziaria, che (nelle intenzioni) deve restare la extrema ratio.
Il Consiglio Nazionale, in ogni caso, - come già accaduto con la recente circolare CNI 29/05/2024 n.180 (19) - continuerà a seguire gli sviluppi della problematica, convinto della bontà delle proprie ragioni.
Sottolineando nuovamente che la trasmissione del modello del conto annuale, a parere del CNI, rappresenta oggi l’unico obbligo – tra le misure di razionalizzazione della spesa pubblica – cui debbono sottostare gli Ordini professionali (20).
ALLEGATO: Sentenza Consiglio di Stato, Sezione Settima, 16/04/2024 n.3477.
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NOTE
(1) Rinvenibili sul sito Internet istituzionale www.cni.it.
(2) Si riporta di seguito il testo integrale dell’art.1, comma 2, del d.lgs. n.165/2001:
“ Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.”.
(3) “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.”.
(4) “Per dare piena attuazione al dettato dell’art.1, comma 2, del d.lgs. n.165/2001 nella parte in cui individua come amministrazioni pubbliche tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, a partire della rilevazione corrente sono tenuti all’invio dei dati tutti gli Ordini Professionali.”.
(5) La circolare del MEF n.15 del 16 maggio 2019, prot. 114271, aveva per oggetto: “Conto annuale 2018 – rilevazione prevista dal titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165”.
(6) V., al riguardo, la circolare CNI 25/11/2022 n.978 e la successiva circolare CNI 26/04/2023 n.29, entrambe rinvenibili sul sito Internet istituzionale.
(7) V., in proposito, amplius, la circolare CNI 12/07/2023 n.68, pubblicata sul sito Internet del Consiglio Nazionale.
(8) Aggiungendo in calce all’art.2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013 n.101, come convertito dalla legge n.125/2013, il periodo: “Per tali enti ed organismi restano fermi gli adempimenti previsti dall’articolo 60, comma 2, del citato decreto legislativo n.165 del 2001.”. In realtà, dunque, il “testo originario” di cui tratta la sentenza del Consiglio di Stato è quello del decreto-legge n.101/2013 e non l’art.60 del d.lgs. n.165/2001.
(9) Si dissente rispettosamente da tale affermazione. In verità il Consiglio Nazionale è fermo nel riconoscere la natura di Ente pubblico non economico dell’Ordine professionale e l’autonomia va riferita unicamente alla fase di approvvigionamento delle risorse, costituite dai contributi degli iscritti. Ma si tratta di un dato di fatto, incontrovertibile, e non di una opinione. In tale passaggio, pertanto, il Giudice amministrativo sembra avere confuso autonomia gestionale e finanziaria (che nessuno contesta) e natura privata e non pubblica degli Ordini professionali (che nessuno tra di essi – a quanto risulta – ha mai propugnato e rivendicato.) Per questo discorrere di “rivendicata autonomia privata”, nel contesto della decisione, sembra fuori bersaglio e non pertinente con i fatti.
(10) La giustizia amministrativa, come noto, è composta soltanto da due gradi di giudizio.
(11) Vi può essere, a date condizioni, un ricorso alla Corte di Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, ma si tratta di ipotesi limitate ed eccezionali, subordinate al ricorrere di specifici e puntuali presupposti (in sintesi: soltanto per motivi di giurisdizione e lamentando la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa: v. gli artt. 91 e 110 c.p.a.).
(12) Si riporta il testo dell’art.2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”.
(13) Nella sentenza n.3477/2024 in commento.
(14) Ovvero il d.lgs. 30/03/2001 n.165.
(15) Così il TAR del Lazio, n.14283/2022.
(16) Gli Ordini professionali, infatti, non sono soggetti al controllo di gestione della Corte dei Conti.
(17) “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.”.
(18) Mentre aveva trovato pieno accoglimento all’interno delle (condivisibili) argomentazioni del giudice di primo grado, ovvero la sentenza del TAR Lazio n.14283/2022 - ribaltata dal Consiglio di Stato - che aveva affermato che: “È dunque il legislatore ad affermare che Ordini Professionali debbano adeguarsi (‘si adeguano’) ai principi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. È sempre il legislatore ad affermare che Ordini Professionali debbano adeguarsi (‘si adeguano’) ai ‘soli principi’ generali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che siano ‘ad essi relativi’, dal momento che tali soggetti non gravano sulla finanza pubblica. Da tale disposizione discendono due norme. Agli Ordini Professionali, benchè enti pubblici non economici, non può applicarsi in via automatica l’intera disciplina sul pubblico impiego. Agli Ordini Professionali non può applicarsi in via automatica neppure la generale disciplina sulla razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica. Con riferimento al controllo della spesa pubblica sul personale, l’esclusione degli Ordini Professionali dalla disciplina sul controllo, è reso ancora più evidente nella misura in cui si precisa, per legge, che essi si adeguano ai ‘principi’ generali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, al ricorrere della duplice condizione che si tratti di ‘soli’ principi o che tali principi siano ‘ad essi relativi’. Gli incisi legislativi, ‘soli’ e ‘ad essi relativi’ non possono che essere interpretati nel senso che occorre un’espressa previsione legislativa finalizzata a individuare, di volta in volta, quali principi sulla razionalizzazione e sul contenimento della spesa pubblica possono applicarsi agli Ordini Professionali, fermo restando il potere del legislatore di dettare di volta in volta una disciplina ad hoc per tali enti.”.
(19) “Obblighi in capo agli Ordini professionali – conto annuale delle spese sostenute per il personale – art.2, comma 2-bis, del decreto-legge 31/08/2013 n.101, come convertito dalla legge n.125/2013 – art.60, comma 2, decreto legislativo n.165/2001 – gli Ordini e i Collegi professionali sono soggetti all’adempimento costituito dal conto annuale delle spese del personale – promemoria e informativa”.
(20) In quanto espressamente contemplati tra i destinatari della relativa previsione, dall’ultimo periodo del comma 2-bis dell’art.2 del decreto-legge n.101/2013, come convertito dalla legge n.125/2013 e modificato, infine, dall’art.12-ter, comma 1, del decreto-legge n.75/2023.
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