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Rif. SZ09194
Documento 02/05/2005 SENTENZA
Fonte TAR LIGURIA
Tipo Documento SENTENZA
Numero 575
Data 02/05/2005
Riferimento
Note INTERO TESTO
Allegati
Titolo 1) INDEROGABILITA' MINIMI TARIFFARI - RIGURDA ANCHE IL RIMBORSO SPESE 2) DM 4/4/2001 - PERDURANTE VIGENZA DELLE SUE DISPOSIZIONI TARIFFARIE
Testo SENTENZA

OMISSIS

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il contenzioso riguarda l’aggiudicazione del contratto che il comune di Savona aveva previsto di stipulare con il soggetto vincitore della gara indetta per la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nonché del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione relativo ai lavori di costruzione del XI lotto colombari presso il cimitero di Zipola.

Il bando (art. 17) prevedeva che il soggetto vincitore sarebbe stato quello in grado di presentare l’offerta economicamente più vantaggiosa, che sarebbe derivata dalla valutazione di alcuni elementi di giudizio, tra i quali (n. 3) era previsto il "à ribasso percentuale nell’offerta economica (solo sull’importo relativo al rimborso spese e non sulla quota relativa alla tariffa professionale)à".

L’amministrazione ammette nella memoria depositata che l’ATI ricorrente è stato l’unico partecipante ad applicare una percentuale di ribasso relativa al rimborso spese non superiore al 20 %, mentre tutti i soggetti meglio gradati hanno proposto uno sconto superiore su tale voce: ne consegue che sussiste il requisito dell’interesse a ricorrere, posto che l’eventuale accoglimento delle censure dedotte comporterebbe la dichiarazione di invalidità della offerte ritenute più convenienti, con la conseguente attribuzione del primo posto in graduatoria al soggetto interessato.

La circostanza in fatto che rileva ai fini dello scrutinio sull’interesse a ricorrere consente altresì di asserire che la legge di gara ha distinto in modo preciso gli onorari professionali dalle spese ed accessori, ed ha previsto solo per i primi l’impossibilità di derogare ai minimi di tariffa; ne consegue che il contenzioso è ristretto alla determinazione sulla liceità della rinuncia in tutto od in parte al rimborso che competerebbe al professionista per le spese e gli accessori.

Tanto premesso in pregiudizialità, si deve rilevare ancora che la legge di gara (art. 2 del bando) rimetteva all’art. 1 del capitolato il computo degli onorari professionali, e che a tale scopo era prevista l’applicazione della legge 2 marzo 1949, n. 143 (art. 6 del bando). A sua volta il capitolato speciale di gara (art. 1) prevedeva che l’esperimento sarebbe stato regolato appunto dalla legge 2 marzo 1949, n. 143, alla cui stregua l’onorario per la progettazione veniva computato in euro 50.110,23: l’altra voce di costo per l’ente banditore era indicata in euro 5234,26 per il coordinamento della sicurezza, così che l’importo totale ammontava ad euro 55.344,49, su cui erano stimati euro 15.093,96 per spese e compensi accessori.

Sempre il secondo capoverso dell’art. 1 del capitolato esponeva che ".. sugli onorari come sopra definiti è stata applicata la riduzione pari al 20% ai sensi dell’art. 4 della legge 155/1989. Si precisa che, fatta eccezione per la quota di spese ed accessori, si intendono fissi ed inderogabili tutti gli altri minimi tariffari e relative aliquote di cui alla legge 143/49à".

L’articolo 8 del capitolato speciale di gara ribadiva quanto già esposto nel bando, prescrivendo che il criterio da seguire sarebbe consistito nella scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che sarebbe stata individuata anche in base al "à ribasso percentuale indicato nell’offerta economica. Detto ribasso potrà essere effettuato solo sull’importo relativo al rimborso speseà"

Tanto premesso, l’esame della questione va preceduto dalla necessaria ricognizione delle norme applicabili alla materia, atteso che l’indicazione contenuta nel bando relativa alle norme applicabili alla fattispecie, deriva dalla sovrapposizione di disciplina che si è avuta in argomento (in tal senso tar Lombardia, Milano, III, 9.3.2004, n. 836).

Il bando ed il capitolato fanno infatti riferimento alla legge 2 marzo 1949, n. 143, che può considerarsi come l’entrata a regime della disciplina sul compenso professionale, dopo la parentesi corporativa, e la disposizione transitoria contenuta nel D.Lgs.P. del 27 giugno 1946, n. 29, che aveva inteso dettare le prime disposizioni per ricondurre la materia ad un contesto più consono alle istituzioni uscite dalla guerra. La disposizione in questione prevede (articolo unico) la sostituzione della tariffa previgente con un articolato corpo normativo denominato testo unico, che venne allegato all’articolo citato; ai fini del presente decidere è importante notare che la norma distingue tra gli onorari (artt. 2-5 della tariffa allegata alla legge) e le spese (art. 6), che vengono enumerate e di cui si dice che "àsalvo contrarie pattuizioni, il committente deve rimborsare al professionista à" . Va poi osservato (art. 13, comma 2) che nei casi in cui il professionista ha titolo al pagamento a percentuale è ammessa la sommatoria dei compensi di cui agli artt. 4 e 6 (onorari a vacazione e spese rimborsabili), che può essere superiore al sessanta per cento dei compensi dovuti e computabili a percentuale.

Deve quindi essere tenuta presente la citata disposizione che prevede la possibilità di concludere pattuizioni circa l’obbligazione al rimborso delle spese effettuate dal prestatore d’opera professionale.

Il legislatore è poi intervenuto con la legge 4 marzo 1958, n. 143, che introdusse in origine un articolo unico, che dettava norme per il procedimento di formazione della tabella da cui desumere gli onorari e le indennità, nonché i criteri per il rimborso delle spese; la legge 5 maggio 1976, n. 340 aggiunse il secondo comma all’articolo unico citato, con la previsione dell’inderogabilità dei minimi di tariffa per gli onorari a vacazione, a percentuale ed a quantità, mentre l’inderogabilità non fu estesa agli onorari a discrezione di cui all’art. 5 del testo unico 2 marzo 1949, n. 143. Va precisato anche che la giurisprudenza (cass. II, 28 gennaio 2003, n. 1223. Di contrario avviso, tuttavia, cass. sez. II, 13 dicembre 2001, n. 15762) ha ritenuto che la violazione della previsione circa l’illegittimità della rinuncia totale o parziale non comporta l’applicazione della normativa codicistica di cui agli artt. 1418 segg. cc., non trattandosi di precetti stabiliti nell’interesse generale, ma solo della categoria beneficiaria. Tale asserzione non appare del tutto coordinata con quanto si dirà in prosieguo a proposto dell’art. 17 comma 12-ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109, a proposito della reazione dell’ordinamento al divieto di scendere sotto i minimi di tariffa, ma va tenuta in considerazione per le argomentazioni in linea generale che da essa discendono.

Per quanto poi rileva ai fini del presente decidere, si osserva che anche in questo atto normativo non si rinviene l’estensione dell’inderogabilità dei minimi di tariffa al rimborso delle spese sostenute dal professionista per conto del committente la prestazione.

E’ successivamente intervenuto in argomento l’art. 6 della legge 1 luglio 1977, n. 404, inserito in una normativa relativa all’edilizia carceraria, ma inteso dalla giurisprudenza come disposizione ad efficacia generale (cass. II, 8 ottobre 2004, n. 20039), che ha interpretato autenticamente la legge 5 maggio 1976, n. 340, restringendo ai rapporti tra privati la prevista inderogabilità dei minimi tariffari: sempre per quel che rileva ai fini di questa decisione, il comma 3 dell’art. 6 citato ha introdotto il divieto della liquidazione a forfait delle spese sostenute dal professionista, che può invece ottenerne il rimborso solo dietro presentazione dell’idonea documentazione.

Va ancora segnalato l’art. 4-12 bis del d.l. 4 marzo 1989, n. 65, convertito in legge 26 aprile 1989, n. 155, che ha stabilito che per i rapporti dei professionisti in questione a favore dello Stato e degli enti pubblici, e comunque per le opere finanziate dall’erario, la riduzione convenzionale del minimo della tariffa non può superare il venti per cento.

E’ poi intervenuta la legge quadro in materia di lavori pubblici (legge 11 febbraio 1994, n. 109, più volte integrata dagli interventi normativi succedutisi) che prevede importanti previsioni all’art. 17; il comma 12-ter demanda al ministro della giustizia, nel concerto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la determinazione delle tabelle dei corrispettivi per le attività di progettazione e direzione lavori, e prevede che tali compensi vadano considerati minimi inderogabili, richiamando l’ultimo comma dell’articolo unico della citata legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dalla legge 5 maggio 1976, n. 340, e sancendo la nullità dei patti contrari alla disposizione: la norma è stata novellata sul punto dall’art. 7, comma 1 della legge 1 agosto 2002, n. 166, e fa poi salva l’applicazione delle tariffe previste dal d.m. 4.4.2001, non ostante l’intervenuto annullamento di tale atto da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio (sentenza della sezione prima della sede di Roma, 23 luglio 2002, n. 6552). La disposizione opera così un rinvio ritenuto legittimo in giurisprudenza (tar Veneto, 25 novembre 2003, n. 5909. Dubbi di costituzionalità sono stati invece espressi da cons. Stato, sez. VI, ord. 22.9.2004, n. 6185).

Tanto premesso sulla normativa applicabile, possono esaminarsi le censure dedotte.

Con il primo motivo l’ATI ricorrente osserva che l’evoluzione normativa ha portato ad assimilare il trattamento normativo da assegnare ai corrispettivi ed al rimborso spese, sì che l’inderogabilità dei minimi stabilita per i primi si dovrebbe applicare anche al secondo.

La tesi va condivisa, posto che le disposizioni citate in precedenza inducono a ritenere che il legislatore ha da ultimo previsto anche per il rimborso spese la produzione degli effetti che la legge ricollega alla rinuncia in tutto od in parte ai corrispettivi: la distinzione tra le voci di costo in esame è risultata ben chiara in ognuno dei provvedimenti normativi esaminati, sino alla regola dalla formulazione novellata dell’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 ed all’art. 3 del d.m. 4 aprile 2001. La previsione contenuta nell’atto ministeriale prevede un minimo inderogabile per il rimborso delle spese, e la legge generale sui lavori pubblici non riproduce la differenziazione tra gli onorari ed il rimborso delle spese, utilizzando il vocabolo ‘corrispettivo’; per il vero il decreto ministeriale impiega tale locuzione all’art. 1 per indicare gli importi dovuti ai professionisti, ma essa è stata intesa condivisibilmente (tar Sardegna, 14.12.2004, n. 1909) come avente carattere generale.

Va poi rilevato che l’intervenuto annullamento del d.m. 4.4.2001 da parte del tribunale amministrativo del Lazio non ha impedito al legislatore di recepire, disponendone la temporanea legificazione, i principi che l’atto ministeriale aveva introdotto, violando le competenze procedimentali di alcuni soggetti che avevano per ciò adito il giudice amministrativo. Va osservato infatti che il legislatore non può essere ritenuto vincolato ad una pronuncia adottata su questioni, appunto procedimentali, allorché fa proprie conferendo loro forza di legge, le previsioni principali contenute nell’atto annullato.

Deve perciò ritenersi che il combinato della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (novellata come già osservato) ed il decreto ministeriale recepito abbiano introdotto il principio secondo cui anche la voce di costo di che trattasi non può essere integralmente rinunciata dai partecipanti alle gare pubbliche: da ciò deriva l’illegittimità delle offerte presentate dalle parti che sopravanzarono l’ATI ricorrente.

La tesi accolta ha trovato anche ulteriori riscontri giurisprudenziali da parte di quei giudici che hanno ritenuto di comminare la nullità delle offerte negoziali redatte in violazione delle disposizioni sul rimborso delle spese, argomentando in modo indiretto. Tali decisioni hanno infatti ritenuto elusiva la proposta negoziale che dichiarava di rinunciare alla voce di costo in esame ( tar Calabria, Reggio Calabria, 7 maggio 2004, n. 405; tar Lazio, Roma, sez. III, 24 dicembre 2003, n. 13038), in quanto così facendo l’offerente ammetteva di proporsi di scaricare sul compenso denominato corrispettivo anche gli oneri che aveva dovuto sopportare per le spese di cui avrebbe potuto chiedere il rimborso.

Il ricorso va pertanto accolto, con l’annullamento di tutti gli atti impugnati, in quanto lesivi.

Le spese vanno tuttavia compensate, attesa la scarsa chiarezza del quadro normativo di riferimento e la formulazione del bando di gara.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, e per l’effetto annulla gli atti impugnati, disponendo la compensazione delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 28.4.2005.

N. 321/05 R.G.R.
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