Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it
Rif. SZ05331
Documento 06/04/1998 DECISIONE
Fonte CONSIGLIO DI STATO - V SEZIONE
Tipo Documento DECISIONE
Numero 416
Data 06/04/1998
Riferimento
Note MASSIMA E INTERO TESTO - INGEGNERE ITALIANO N. 295/98 PAG.22
Allegati
Titolo ARCHITETTI - OPERE IDRAULICHE - COMPETENZA - ESCLUSIONE
Testo MASSIMA

Ai sensi degli artt. 51 e 52 R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537, le opere idrauliche non rientrano nella competenza dell'architetto.

INTERO TESTO

FATTO

Espone in fatto la difesa dell'appellante.

Il Comune di Rivoli, con deliberazione n. 417 del 23 ottobre 1986, affidava all'Arch. Valdemaro Nigra, l'incarico per la verifica della portata sia attuale che futura delle vecchie sorgenti dell'acquedotto detto di "Buttigliera", al fine di un "loro eventuale riutilizzo per la rete idrica della città di Rivoli".

La deliberazione veniva annullata dal Comitato Regionale di Controllo con provvedimento n. 60131 del 23 ottobre 1986, con la seguente motivazione: "considerato che non possono rientrare nelle competenze degli architetti la progettazione di opere per la cui esecuzione siano necessarie conoscenze di materie specifiche e tecniche non ufficialmente previste nel piano di studi universitario; tenuto presente il contenuto dei voti espressi in data 18 dicembre 1983, n. 228 e n. 62 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che, partendo dal concetto di "edilizia civile", esclude le opere igienico-sanitarie, gli impianti elettrici, le opere idrauliche, non configurando in esse le caratteristiche peculiari delle opere di edilizia civile, ritenuto pertanto esorbitante dalle competenze dell'architetto, la costruzione dell'opera oggetto dell'atto in esame....annulla....".

Con atto notificato in data 5 marzo 1987, l'Arch. Valdemaro Nigra proponeva ricorso dinanzi al TAR del Piemonte per ottenere l'annullamento della determinazione dell'Organo di Controllo, nonchè degli atti presupposti, con esplicito particolare riguardo ai pareri nn. 62 e 228 del 18 dicembre 1983 dell'Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei LL.PP.

Si costituiva formalmente in giudizio la Regione Piemonte, la cui difesa eccepiva in via preliminare l'inammissibilità del gravame per la mancata notificazione del ricorso al Ministero dei Lavori Pubblici, e la sua infondatezza nel merito.

Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte da un lato respingeva l'eccezione di inammissibilità del gravame, pur ritenendo inammissibile l'impugnazione nella parte rivolta avverso i menzionati pareri ministeriali e, dall'altro, accoglieva il ricorso annullando il provvedimento del CO.RE.CO. e condannando l'Amministrazione al pagamento delle spese processuali.

Con unico articolato motivo di appello la Regione Piemonte deduce:

- violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riguardo alla normativa di cui alle leggi 24 giugno 1923, n. 1395; R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537 e R.D. 30 settembre 1938, n. 1652.

- Violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all'art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

- Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto Motivazione carente, perplessa e contraddittoria.

DIRITTO

1) La sentenza appellata va confermata nella parte in cui ha ritenuto infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata in primo grado dalla difesa della Regione Piemonte e riproposta in questa sede con il primo motivo dell'appello in esame ed incentrata sulla mancata notificazione del ricorso al Ministero dei Lavori Pubblici che quale autorità emanante i due pareri impugnati contestualmente al provvedimento n. 60131 del 17 novembre 1986 del Co.Re.Co. di annullamento della delibera 23 ottobre 1986 del Consiglio Comunale di Rivoli avrebbe dovuto essere evocato in giudizio quale parte necessaria. Si tratta dei voti n. 62 e 228 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sui quali si è fondata la delibera del Co.re.co. impugnata in primo grado e che avevano escluso che opere idrauliche potessero rientrare nelle competenze degli architetti da ritenere limitate alle opere di "edilizia civile".

A giudizio del Collegio è corretto il ragionamento svolto dal giudice di primo grado sul punto: i due pareri possono aver costituito il supporto di conoscenze per l'adozione dell'atto impugnato ma quest'ultimo è stato adottato da una diversa autorità locale e non centrale. Nessun potere è riservato nel procedimento di controllo degli atti degli enti locali ad autorità centrali con funzioni consultive nè il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha competenza in materia di attività professionali degli ingegneri e degli architetti, pertanto, il richiamo ai suddetti pareri può essere utile, per richiamare alcune considerazioni senza riprodurle, ma ai fini della adozione della statuizione impugnata rimane privo di rilievo giuridico se solo si tiene conto che l'eventuale caducazione dei pareri lascerebbe comunque indenne la delibera di annullamento dell'organo di controllo impugnata in primo grado.

2) Nel merito l'appello è fondato e va accolto l'unico motivo in cui si denuncia violazione degli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925. Pertanto, in riforma della sentenza appellata va respinto il ricorso originario proposto dall'Arch. Valdemaro Nigra rimanendo ferma la deliberazione n. 60131 del 17 novembre 1986 di annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Rivoli del 23 ottobre 1986 di affidamento dell'incarico per lo studio del riutilizzo delle sorgenti dell'acquedotto di "Buttigliera" all'arch. Valdemaro Nigra.

A) Ed invero a giudizio del Collegio, così come ritenuto dalla III Sezione (parere n. 1538 in data 11 dicembre 1984) e dalla IV Sezione (sentenza n. 92/90 del 17 febbraio 1990) del Consiglio di Stato, non rientrano nelle competenze dell'architetto le opere idrauliche.

La tesi del giudice di primo grado secondo cui la regola discendente dalla interpretazione degli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537/1925 è che ingegneri ed architetti possono fungibilmente essere incaricati dello svolgimento di eguali prestazioni tecnico-professionali individuate con la ampia accezione di opere di edilizia civile e che, di contro, l'art. 51 del richiamato Regio Decreto riserva ai soli ingegneri alcune competenze così come, il successivo art. 52, II comma, riserva ai soli architetti altre attribuzioni, non può essere condivisa.

Secondo questa impostazione la mancata esplicita previsione delle opere idrauliche tra le competenze espressamente riservate agli ingegneri giustificherebbe la possibilità di affidamento delle stesse ad un architetto.

Il quadro normativo di riferimento suggerisce una lettura diversa.

L'art. 51 del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537 determina la competenza degli ingegneri nella progettazione e conduzione dei lavori per "estrarre ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonchè, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo".

In tale formulazione ampia e comprensiva sono ricomprese le costruzioni stradali, le opere igienico-sanitarie (acquedotti, fognature ed impianti di depurazione) gli impianti elettrici, le opere idrauliche e, di certo, anche le opere di edilizia civile (nella espressione "costruzioni di ogni specie").

L'art. 52 dello stesso Regio Decreto dispone che rientrano nella competenza comune di ingegneri ed architetti le "opere di edilizia civile" ed il raccordo con la norma che precede indica che questa categoria è stata individuata nell'ambito della più ampia e generale competenza degli ingegneri "per costruzioni di ogni specie".

Il secondo comma dello stesso articolo 52 riserva agli architetti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e di restauro ed il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico. Tuttavia la parte residua (e quindi i calcoli, i rilievi geometrici, le tecniche di intervento strutturale, la parte ricostruttiva) rientra in altra ipotesi di competenza comune.

Non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti.

Peraltro - e l'argomento assume un rilievo decisivo per la verifica dei contenuti dispositivi degli artt. 51 e 52 del R.D. n. 2537 del 1925 - come ha osservato con puntualità la IV Sezione del Consiglio di Stato nella decisione richiamata in precedenza, l'art. 54, ultimo comma, del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537 contempla un allargamento della competenza degli architetti, per i soli professionisti appartenenti a questa categoria che abbiano conseguito il diploma di architetto civile, in questi termini: "sono autorizzati a compiere le attività di cui all'art. 51" (vale a dire quelle riservata agli ingegneri) " ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonchè i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto ed alle opere idrauliche".

Questa disposizione assume un senso logico solo se la dizione "opere di edilizia civile" viene interpretata in modo letterale e non estensivo: se le opere di diverso genere fossero comprese nella dizione edilizia civile l'eccezione disposta - sia pure transitoriamente per alcuni architetti - non avrebbe alcun significato.

Pertanto, con riguardo al caso di specie, trattandosi di un'opera idraulica questa, a tenore delle norme richiamate, è testualmente esclusa dalla competenza degli architetti che non abbiano conseguito il diploma di architetto civile e non possono avvalersi della ripetuta norma transitoria.

B) Rimane da puntualizzare che non convincono le ulteriori argomentazioni addotte dal giudice di primo grado a sostegno della tesi accolta nella sentenza appellata:

a) non si vede quale valore possa assumere la disciplina unitaria dei compensi professionali previsti per le due categorie posto che la questione in esame è ben diversa e riguarda la possibilità dal se sia consentito agli architetti svolgere una certa attività dopo di che, sciolto il quesito in termini positivi, è ben comprensibile che il compenso da corrispondere al professionista a qualsiasi categoria appartenga sia uniforme.
Nè le disposizioni sulla determinazione delle tariffe professionali possono in alcun modo incidere sull'ambito della attività propria della singola professione;

b) l'opera di cui trattasi trova collocazione agevolmente nella dizione "costruzioni di ogni specie" nonchè nell'altra" in generale alle applicazioni della fisica" entrambe contemplate dall'art. 51 del R.D. n. 2537 del 1923;

c) sulla riconducibilità delle opere idrauliche all'art. 51 e sul significato della dizione "opere di edilizia civile" si è già detto.

3) Ricorrono giusti motivi per compensare. tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione V, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso proposto in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.



Stampa documento Stampa Invia una e-mail al CNI bancadati@cni-online.it