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Rif. DV09293
Documento 24/03/2006 DOCUMENTO
Fonte CNI
Tipo Documento DOCUMENTO
Numero
Data 24/03/2006
Riferimento
Note
Allegati
Titolo PRIORITA' DEGLI INGEGNERI PER LO SVILUPPO DEL PAESE
Testo LE PRIORITA’ DEGLI INGEGNERI PER LO SVILUPPO DEL PAESE

Le prossime elezioni per il rinnovo del Senato e della Camera dei deputati porteranno alla definizione del nuovo Parlamento e quindi del Governo che avranno la responsabilità della guida del Paese nel prossimo quinquennio e che prima di tutto avranno il difficile compito di uscire dalla grave crisi economica in cui l’Italia si dibatte.

L’attuale generale declino competitivo non deve essere ritenuto irreversibile ed inevitabile ed il sistema Italia ha sicuramente le risorse,la capacità e la volontà per un forte e solido rilancio, ma per questo obbiettivo occorre l’apporto di tutte le forze vitali del Paese.

In questo contesto la categoria degli ingegneri, una forza sociale ampiamente inserita nello sviluppo tecnologico del Paese, ritiene suo compito e dovere intervenire sulla base del proprio patrimonio di conoscenze indicando le scelte necessarie per il rilancio e lo sviluppo economico del sistema Italia.

Infrastrutture,energia e Innovazione sono settori in cui gli ingegneri da sempre operano in termini determinanti e su cui ora puntano il dito quali priorità perché il Paese torni a correre e torni a crescere.

Occorrono maggiori risorse in questi settori, ma occorre anche chiarezza di obiettivi ed una maggiore rapidità decisionale. Maggiori risorse vuol dire scelte politiche ben precise, tanto più coraggiose in tempi difficili per i conti dello Stato.

Occorre quindi destinare maggiori risorse alle infrastrutture di trasporto sia per quanto riguarda nuove reti di raccordo con le grandi arterie europee, ma sia anche in termini di manutenzione e messa in sicurezza per l’esistente.

Maggiori risorse ma anche e soprattutto sono necessari piani ben definiti ed iniziative decisionali rapide in campo energetico.

Occorre diversificare le fonti non solo petrolio e metano, incrementare il carbone, le fonti alternative, riaprire il dibattito sul nucleare, decidere sui rigasificatori, aumentare gli investimenti per la ricerca di idrocarburi, più incisività sul risparmio energetico.

Un piano energetico nazionale chiaro e preciso dunque che preveda adeguati investimenti ed una politica decisionale che tenendo conto delle esigenze locali e della compatibilità ambientale porti ad una significativa riduzione dei costi dell’energia.

Maggiori risorse infine sull’innovazione, che vuol dire più investimenti su ricerca, tecnologia e capitale umano e quindi sviluppo di conoscenza.

Non a caso la strategia di Lisbona indicava agli Stati membri di puntare sulla conoscenza e quindi su coloro che di questa sono i "portatori" , scienziati, ricercatori, ingegneri.

Investire sul capitale umano vuol dire destinare maggiori risorse nel settore dell’istruzione,migliorare la qualità della scolarizzazione a tutti i livelli e formazione permanente ovvero considerare lo studio, l’aggiornamento e la qualificazione come una costante nella vita di tutti dall’infanzia alla pensione. Ma ancora puntare ad un’eccellenza universitaria e post laurea mettendo in reale concorrenza gli atenei e favorendo il dialogo fra scienziati e ingegneri con le industrie e le amministrazioni locali per dare vita a veri e propri bacini di ricerca.

Anche in questo caso, purtroppo, nel processo di convergenza verso Lisbona fra i grandi paesi europei l’Italia viene a trovarsi nella posizione più arretrata. Sicuramente nell’innovazione è carente anche l’investimento delle imprese, ma è evidente che solo un convinto impegno dello Stato potrà far da catalizzatore per risorse provenienti anche dall’area industriale.

Gli ingegneri sull’innovazione vantano un’indiscutibile esperienza, per definizione l’ingegnere è artefice dell’innovazione, come peraltro sulle infrastrutture e sull’energia, ma gli ingegneri in realtà raramente vengono interpellati dalle forze politiche o dagli organi decisori in sede di scelte, trascurando in tal modo l’apporto di un notevole capitale di esperienza e conoscenza.

Come pure d’altro canto le potenzialità degli ingegneri sono compresse in un ordinamento professionale vecchio di un secolo ed ormai superato, limitando la crescita di una categoria certamente rilevante nello sviluppo economico del Paese. Né è pensabile che l’ingegneria italiana possa competere se ancora nel 2006 in Italia non sono consentite le società di professionisti.

E’ un fatto peraltro che nelle ultime due legislature ,condotte da forze politiche diverse, su questo terreno non sia stato portato a termine nessuno dei vari progetti di riforma. Ogni tentativo di ammodernamento invece è stato bloccato da forze economiche e sociali legate agli schemi dominanti nel passato industriale e che oggi, a fronte di crolli di larghe quote di mercato dei loro tradizionali settori produttivi, si apprestano ad appropriarsi del campo di attività intellettuale, esclusivo delle professioni, applicando criteri propri dell’iniziativa imprenditoriale piuttosto che della pragmatica professionale.

In questa strategia si vuole ammantare del concetto di liberalizzazione, sicuramente oggi di molto appeal,ciò che invece è il palese tentativo di assoggettare a logiche dell’imprenditoria, che guardano esclusivamente al profitto, settori di interesse pubblico quali la sicurezza ,l’ambiente e la qualità della vita, che devono viceversa disporre di garanzie discendenti da organismi istituiti per legge a tutela dell’interesse pubblico, quali sono gli ordini professionali.

Da qui i reiterati tentativi di abbattere gli Ordini professionali, le accuse, non sostenute da alcuna analisi di confronto, che i costi dei servizi professionali sono la palla al piede delle imprese italiane e che ne riducono la competitività.

E’ora di dire basta a tutto ciò.

Gli Ordini professionali adeguatamente aggiornati ed incardinati su deontologia ed aggiornamento possono e devono costituire, in un’economia competitiva della conoscenza, organi di tutela sociale e di garanzia della qualità e non v’è dubbio che è proprio sulla qualità che si fonda la sfida per la competitività.

Gli ingegneri italiani, in ragione di quella forza sociale avanzata che rappresentano nel Paese, chiedono ai prossimi parlamento e governo una chiara inversione di tendenza affrontando con determinazione la strada tracciata da Lisbona.

Chiedono inoltre che per uscire dalla crisi economica e per rendere il Paese maggiormente competitivo vengano affrontati prioritariamente e con maggiori risorse i settori indicati delle infrastrutture, dell’energia, dell’innovazione,

Chiedono un impegno convinto sulla strada delle riforme prima fra tutte quella delle professioni.

Vincere la competitività sul piano della conoscenza vuol dire far crescere le strutture professionali in termini di qualità e di dimensione il che impone una strada obbligata con da un lato una immediata legge di riforma delle professioni che si ponga come cardine l’aggiornamento e la formazione permanente e dall’altro una legge sulle società di professionisti in grado di consentire il decollo di strutture di adeguate dimensioni e multidisciplinari.

La sfida per la competitività è una sfida che potrà essere vinta con la partecipazione ad obiettivi e scelte delle forze più dinamiche del paese: gli ingegneri sono pronti per fare la loro parte.
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