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Rif. DV04884
Documento 01/11/1997 OSSERVAZIONI
Fonte CNI
Tipo Documento OSSERVAZIONI
Numero
Data 01/11/1997
Riferimento
Note
Allegati
Titolo RIFORMA LAVORI PUBBLICI - DISEGNO DI LEGGE - ATTO SENATO N. 2288
Testo Il disegno di legge nø 2288 recentemente approvato dalla Commissione VIII del Senato della Repubblica presenta certamente aspetti positivi e merita un sollecito esame anche da parte dell'Assemblea del CNEL, in quanto la perdurante incertezza legislativa sta già causando danni incalcolabili al Paese, favorendo anche la ricomparsa di quei fenomeni degenerativi che anche nel recente passato hanno afflitto il settore degli appalti delle opere pubbliche.

Esiste, però, la necessità di approfondire alcuni aspetti del dettato normativo che dovrebbero essere modificati nel corso dell'esame in Assemblea, nell'ottica di alcuni principi, credo condivisibili.

Tali principi riguardano, essenzialmente, per quanto concerne la progettazione:

- la parità fra i soggetti e la commistione fra progettazione ed esecuzione;

- la necessità di procedure semplificate per le opere minori;

- la necessità che l'impresa appaltante, con apposita dichiarazione del proprio rappresentante, accetti formalmente il progetto a prezzo chiuso oppure ne evidenzi le lacune, imprecisioni, errori od insufficienze in esso riscontrate, in un tempo stabilito tra la gara e l'aggiudicazione definitiva.

Si indicano partitamente:

A) Parità fra i soggetti

L'articolo 6 del disegno di legge n. 2288, dal titolo "Redazione dei progetti", abilita alla progettazione delle opere pubbliche una serie di soggetti fra i più disparati, e cioè:

- gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti;

- gli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori che i Comuni ed altri enti pubblici minori possono costituire;

- gli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le amministrazioni aggiudicatrici possono avvalersi;

- i liberi professionisti singoli od associati;

- le società di progettazione costituite esclusivamente fra professionisti iscritti negli appositi albi, nelle forme di società di persone;

- le società di ingegneria (società di capitali);

- i raggruppamenti temporanei costituiti da liberi professionisti, società di progettazione e società di ingegneria.

Non vi è, però, nel complesso della normativa, vigente ed "in itinere", una parità di trattamento fra i soggetti abilitati alla progettazione.

Così, ad esempio:

- i liberi professionisti debbono essere laureati (in ingegneria od in architettura), abilitati (previo esame di Stato) ed iscritti agli Ordini professionali, mentre i dipendenti delle Amministrazioni aggiudicatrici soltanto "diplomati" potranno firmare i progetti purché "siano in servizio ... da almeno cinque anni e risultino inquadrati in un profilo professionale tecnico che preveda anche l'attività di progettazione". E' stato così eliminato l'obbligo di iscrizione agli Albi anche dei dipendenti pubblici abilitati alla progettazione, obbligo già esistente nella legge vigente e nello stesso disegno di legge governativo n. 2288. Per questi soggetti, inoltre, vi è anche una disparità, rispetto ai liberi professionisti, per quanto riguarda le polizze assicurative poste a carico della P.A.;

- la pubblicità, vietata ai liberi professionisti, costituisce un privilegio consentito soltanto alle società di ingegneria;

- la P.A., per quanto riguarda l'accesso alla progettazione, ha una priorità rispetto ai liberi professionsiti, anche quando non dispone delle figure professionali indispensabili, né dell'organizzazione e delle necessarie strutture professionali e tecniche;

- la stessa priorità è riservata alla P.A. dall'art. 27, comma 1 della Legge quadro vigente, con riferimento alla "direzione dei lavori";

- priorità alla P.A. anche per quanto riguarda il "collaudo" (art. 28, comma 4 della legge quadro vigente), dovendo i tecnici collaudatori essere nominati e prescelti preferibilmente "nell'ambito delle proprie strutture" e ciò anche nel caso di opere progettate e dirette dai tecnici delle stesse Amministrazioni, configurandosi così anche una forma di commistione di ruoli assolutamente da evitarsi;

- un discorso più ampio va fatto, sempre in tema di disparità di trattamento, a proposito della disciplina sulle società di ingegneria, le quali già detengono il 70% del fatturato delle progettazioni.

Si rileva, preliminarmente, che la nuova normativa, all'art. 6, comma 1, punto 4 mentre consente opportunamente l'affidamento di incarichi di progettazione alle Società di Ingegneria soltanto nel caso di corrispettivi pari o superiori a 200.000 ECU, aggiunge "salvo che l'incarico riguardi la redazione di progetti integrali e coordinati".

Tale disposizione, del tutto generica, non appare giustificata ed andrebbe perciò soppressa sia per la diversità di comportamenti ed il contenzioso a cui porterebbe, sia per il fatto che potrebbe, comunque, costituire la scappatoia per qualsiasi tipo di decisione.

Sempre a proposito delle Società di Ingegneria non si condivide neanche il fatto che per esse non sia stata ripresa la disposizione della prima Merloni che stabiliva il divieto di esercitare le attività di produzione di beni di cui all'art. 2195 C.C. e che ancora una volta sia stata rinviata al successivo regolamento la definizione dei loro "requisiti organizzativi e tecnici".

Si ritiene, infatti, che già in questa sede andrebbero fissate la definizione dell'oggetto sociale, l'obbligo di maggioranza azionaria e amministrativa ai professionisti, nonché l'equiparazione delle Società ai liberi professionisti in riferimento a tutti gli attuali oneri ed obblighi degli stessi dal punto di vista etico, deontologico, tariffario, previdenziale e di rispetto delle disposizioni di legge che comporta l'iscrizione all'Ordine.

Nel comma 6 dell'art. 6 del disegno di legge n. 2288, alla lett. a) viene disposto che "ai corrispettivi delle società (di progettazione) si applica il contributo integrativo di cui all'art. 10 della legge 3 gennaio 1981, n. 6, e successive modificazioni". Trattasi del contributo previdenziale del 2% che viene posto a carico del committente e che diventa del 2,40% una volta applicata l'IVA (20%).

Purtroppo, però, una analoga disposizione non è prevista nella successiva lett. b) dello stesso comma, relativo alle società di ingegneria, con una evidente disparità di trattamento che darebbe luogo, nella pratica, ad una scelta preferenziale, da parte del committente, delle società di ingegneria rispetto alle società di progettazione, per evitare il pagamento del contributo previdenziale.

Sarebbe, quindi, necessaria, una equiparazione del trattamento, estendendo la normativa di cui sopra anche alle società di ingegneria.

In ogni caso, le Società di ingegneria dovrebbero essere assoggettate al potere deontologico e tariffario esercitato dagli Ordini professionali, anche per poter sanzionare ogni tipo di turbativa, specie nel caso di subappalto operato dalle società.

Non è neanche accettabile che i direttori tecnici di società d'ingegneria possano essere "laureati in una disciplina tecnica attinente alla attività prevalente svolta dalle società", in quanto non è concepibile che una Società di Ingegneria possa avere una attività prevalente di altro tipo, tanto più che i loro direttori tecnici sarebbero chiamati, in base allo stesso testo di legge, ad esercitare il "controllo sulle prestazioni svolte dai tecnici incaricati della progettazione", controfirmando perfino i relativi elaborati.

Così, pure, le società di ingegneria non dovrebbero potere avvalersi di "curricula", non attribuiti a professionisti di cui possano avvalersi e dovrebbero essere tenute, come sopra si è detto, al rispetto dei minimi tariffari, alla stessa stregua dei liberi professionisti.

In ogni caso andrebbe sancita la nominatività delle azioni di tali società.

B) Necessità di procedure semplificate per opere minori

Si rileva, a questo proposito, che nella normativa già in vigore ed in quella di cui al disegno di legge n. 2288 sono previste, per ogni tipo di gara, onerose e ponderose procedure.

Non si tiene conto, in effetti, che occorre fare una qualche distinzione fra le gare relative a grandi opere - per le quali tali procedure sono necessarie ed essenziali soprattutto ai fini della trasparenza - e le gare per le opere di minore conto, le quali non possono, anche per motivi di carattere economico, essere sottoposte a tali gravami assolutamente insopportabili.

E', inoltre, necessario distinguere, nella normativa sulle varianti in corso d'opera, (art. 25 legge quadro), fra le opere "puntuali" e quelle "a rete", in quanto per queste ultime la percentuale del 5%, riferita ad ogni categoria di lavori e ritenuta tollerabile ai fini dell'accettazione della variante, appare del tutto irrealistica, non potendosi chiedere, ad esempio per un acquedotto o per un'autostrada, scandagli dettagliati lungo tutti i chilometri interessati dall'opera. Mentre è importante poter garantire il costo complessivo dell'opera.

C) Accettazione del progetto da parte dell'impresa (al fine della certezza della spesa)

All'art. 26 della legge quadro vigente si dispone in merito alla disciplina economica dell'esecuzione dei lavori pubblici. In questo articolo andrebbe riaffermato con maggiore vigore il criterio dell'aggiudicazione dell'appalto a "prezzo chiuso" salvi naturalmente gli opportuni aggiustamenti, peraltro già previsti, connessi alla svalutazione monetaria. Il ricorso a tale criterio risulterebbe poi di più facile attuazione ove si prevedesse un diretto coinvolgimento delle imprese per ciò che attiene il progetto posto a base dell'appalto.

E' ben noto che uno dei più rilevanti problemi nel settore dei lavori pubblici è l'estraneità e spesso l'intolleranza economica dell'imprenditore rispetto al progetto. Occorre allora che le imprese accettino formalmente, prima dell'aggiudicazione dell'appalto, il progetto e gli studi di fattibilità approvati dalla Amministrazione fornendo idonee garanzie sulla congruità e sufficienza del prezzo offerto per la realizzazione dello specifico progetto. Ciò attraverso una apposita dichiarazione del rappresentante delegato dell'impresa (in possesso dei requisiti di legge per l'esercizio della professione) nella quale lo stesso rappresentante dell'impresa evidenzi le lacune, imprecisioni, errori o insufficienze riscontrate nel progetto.

L'Amministrazione, quindi, dovrebbe accertare le modifiche strettamente necessarie o addirittura la ineseguibilità del progetto.

Questa dovrebbe aver sempre luogo quando le modifiche comportassero un importo, valutato ai prezzi offerti, superiore a quello a base d'asta o l'impresa non si dichiarasse disposta ad accettarlo a forfait riducendolo entro tale limite.

Esaurita tale fase la parte economica del progetto diventerebbe intangibile.

Il Regolamento dovrebbe stabilire tempi e modalità delle relative procedure, nonché le resonsabilità specifiche del progettista nel caso di ineseguibilità accertata del progetto.



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