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Rif. DV04630
Documento 19/04/1997 DOCUMENTO
Fonte CNI
Tipo Documento DOCUMENTO
Numero
Data 19/04/1997
Riferimento Protocollo CNI n. 3151 del 19/04/1997
Note INGEGNERE ITALIANO N. 282/97 PAG. 12
Allegati
Titolo ASSEMBLEA DEI PRESIDENTI 19 APRILE 1997 - INGEGNERI DIPENDENTI - TEMPO PARZIALE - INCOMPATIBILITA' CON LA LIBERA PROFESSIONE - LEGGE 662/96
Testo La legge 23.12.1996, nø 662 che detta "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" introduce tra l'altro, all'art. 1 commi 56-64 una nuova regolamentazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per i dipendenti di pubbliche amministrazioni.

In particolare il comma 56 stabilisce che le disposizioni che oggi vietano ad alcuni dipendenti l'iscrizione ai propri Albi professionali non si applicano a coloro i quali scelgano o abbiano scelto il part-time con percentuale dell'orario di lavoro non superiore al 50%. Detta opzione, come stabilisce il comma 57, può essere fatta da tutti i dipendenti con esclusione del personale militare, delle forze di polizia e dei vigili del fuoco. L'interessato dovrà presentare domanda, ai sensi del comma 58, specificando quale attività intende svolgere. L'Amministrazione dovrà rispondere entro 60 giorni, in caso contrario la domanda si intende accolta automaticamente.

Essa potrà negare l'assenso solo nel caso ravvisi il conflitto di interessi tra l'attività che il dipendente intende intraprendere e gli interessi dell'Amministrazione.

Nel caso invece che l'Amministrazione ritenga che il passaggio a tempo parziale del dipendente costituisca grave pregiudizio per la funzionalità dell'ufficio potrà differire tale passaggio al massimo di sei mesi. Il dipendente ha il compito di comunicare con un anticipo di 15 giorni l'inizio o la variazione dell'attività lavorativa.

I risparmi di spesa derivanti dal passaggio dei dipendenti al part-time dovranno essere utilizzati, ai sensi del comma 59, come segue:

- il 30% costituiscono economie di bilancio;
- il 50% potrà essere impiegato per mobilità o nuove assunzioni di personale;
- il 20% verrà utilizzato al fine di incentivare il miglioramento della produttività del personale.

Il comma 60 precisa che oltre che, nei casi previsti dal comma 56 al dipendente è vietato lo svolgimento di qualsiasi attività non autorizzata dall'Amministrazione. L'autorizzazione si intende comunque concessa se entro 30 giorni l'Amministrazione non abbia adottato un motivato provvedimento di diniego.

Novità introdotta dalla legge è il fatto che, vedi comma 61, la violazione delle norme sopracitate costituisce "giusta causa" di licenziamento a meno che la prestazione svolta extra ufficio non sia a titolo gratuito, presso associazioni di volontariato o cooperative a carattere socio-assistenziale senza scopo di lucro.

Al fine di verificare l'osservanza delle suddette disposizioni verranno attivati (comma 62) servizi ispettivi e controlli a campione sia da parte della pubblica Amministrazione che da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Dette norme sono entrate in vigore, ai sensi del comma 63, dal 1ø marzo 1997. Entro tale data devono essere quindi cessate tutte le attività libere o dipendenti in contrasto con le norme anzidette.

A chiarimento delle disposizioni contenute nell'art. 1 commi 56-57 della legge 662/96 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica - ha emanato la circolare nø 3 in data 19.02.1997.

Tale circolare ha chiarito che il part-time può essere richiesto da tutti i dipendenti, qualunque sia la qualifica ed il livello, tranne che dai dirigenti. Ha chiarito anche che non c'è discrezionalità da parte della P.A. nel concedere o meno la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale; essa può solo differire l'inizio del part-time per non più di sei mesi e solo nel caso che dalla sua attuazione immediata derivi un grave pregiudizio per la funzionalità dell'ufficio. L'orario del part-time dovrà essere oggetto di contrattazione collettiva.

Nella fase transitoria le modalità saranno quelle indicate dal dipendente.

La Circolare chiarisce che chi sceglie il part-time può svolgere qualsiasi altra attività senza alcuna limitazione a meno che tale attività non sia in contrasto con gli interessi dell'Amministrazione.

Le carenze di organico venutesi a creare in seguito alla scelta del part-time da parte di dipendenti potranno essere coperte dando priorità alla mobilità interna ed incompartimentale; poi con nuove assunzioni sia a tempo pieno che a tempo parziale. In tale ultimo caso i dipendenti part-time non possono superare il tetto dei contingenti massimi (art. 22 L. 724/94).

La circolare chiarisce poi che la data del 1ø marzo è termine perentorio; entro tale data dovranno cessare le situazioni relative a prestazioni di lavoro non autorizzate. Quando risulti che un dipendente svolge altra attività lavorativa senza la richiesta autorizzazione le Amministrazioni possono ricorrere alla sanzione disciplinare del licenziamento. Le autorizzazioni potranno riguardare comunque solo attività a carattere saltuario ed occasionale restando incompatibile lo svolgimento della libera professione per quelle categorie alle quali non è consentita l'iscrizione agli Albi professionali.

La circolare chiarisce infine che restano valide le previsioni dell'art. 7 del D.P.C.M.17.3.1989 nø 117 che fissa in un triennio il termine per chiedere il ritorno al tempo pieno.

Tale ritorno, precisa la circolare, avverrà con precedenza su qualsiasi forma di acquisizione di personale. Resta ancora da definire con successivo decreto interministeriale il cumulo del part-time con la pensione di anzianità.

Il tiepido accoglimento del part-time, introdotto dalla legge finanziaria 662/96, da parte dei pubblici dipendenti in generale e di tutte le categorie professionali, evidenziato dal fatto che solo pochissimi hanno optato per il tempo parziale, ha spinto il Governo ad introdurre una serie di ulteriori incentivi con la recente manovrina finanziaria di fine marzo con lo scopo di invogliare i dipendenti ad accettare tale istituto.

Con detta manovrina infatti il Governo ha inteso chiarire, all'art. 6 commi 1 - 4, alcuni aspetti che avevano creato notevoli perplessità di interpretazione e conseguentemente possibili ripercussioni sulle scelte da parte dei dipendenti pubblici.

Ha ritenuto di incentivare con essa la scelta del part-time scoraggiando situazioni ambigue sia da parte dei pubblici dipendenti sia da parte di Amministrazioni.

In particolare il comma 1 dell'art. 6 riguarda le Amministrazioni che conferiscono incarichi professionali a pubblici dipendenti.

Con detto comma vengono previste sanzioni pecuniarie per le Amministrazioni che non ottemperino alle disposizioni di cui all'art. 58 comma 6 del Decreto Legislativo 29/93, (che stabilisce l'obbligo di comunicare alle Amminstrazioni di appartenenza del dipendente d'aver conferito l'incarico al dipendente stesso) o che si avvalgono delle prestazioni di dipendenti pubblici in violazione dell'art. 1 commi 56, 58, 60 e 61 della Legge 662/96.

Viene poi abrogato in ogni caso, comma 2ø, il divieto di iscrizione all'Albo anche per i dipendenti che rimangono a tempo pieno. Viene anche precisato che le Amministrazioni non possono conferire incarichi ai propri dipendenti che abbiano optato per il tempo parziale.

Stabilisce poi col comma 3ø che le Amministrazioni, con decreto del Ministero competente la Funzione Pubblica, debbano indicare le attività che, a ragione della interferenza con i compiti istituzionali, siano comunque non consentite ai dipendenti part-time oltre, naturalmente, alla incompatibilità per conflitto di interessi.

Infine il comma 4 sancisce che il dipendente ha diritto al rientro a tempo pieno, il periodo minimo di permanenza a tempo parziale viene portato a due anni. Le Amministrazioni devono in ogni caso riassumere a tempo pieno i dipendenti che avevano scelto il part-time, anche in soprannumero.

Fin qui le disposizioni governative.

Il C.U.P. (Comitato Unitario Permanente degli Ordini e dei Collegi Professionali) ha chiesto al Prof. Cassese un parere sugli effetti prodotti dall'art. 1 comma 56 della Legge 662/1996 per gli Ordini e Collegi Professionali.

Il parere, datato 13 marzo 1997, dice in sintesi quanto segue:

E' evidente che la norma in argomento consente ad un numero più ampio di persone, finora escluse dalla iscrizione agli Albi, di iscriversi e svolgere attività professionale.

Essa fa riferimento a numerose norme sui dipendenti pubblici che vietavano l'esercizio della professione, divieto, peraltro, non sempre assoluto potendo i dipendenti svolgere attività se autorizzati.

Sotto il profilo oggettivo la norma citata solleva un divieto, quello della iscrizione in Albi professionali. Dunque essa non innova le disposizioni che non vietano tale iscrizione, ma o vi obbligano, o la consentono o la prescrivono mediante iscrizione in Albi speciali.

Circa la possibilità prospettata da alcuni Ordini e Collegi di non iscrivere i dipendenti, il prof. Cassese chiarisce che quando una legge abbia dichiarato non applicabili divieti alla iscrizione in Albi di taluni soggetti, non possono i Collegi e gli Ordini conservare od introdurre tali divieti o limitazioni.

A tal fine argomenta che l'art. 2229 c.c. contiene due disposizioni che interessano. Per la prima, perchè l'esercizio di una professione venga condizionato alla iscrizione in un Albo, occorre una legge. Per la seconda, l'accertamento dei requisiti è demandato agli Ordini e Collegi. Dalle due disposizioni si ricava che deve essere la legge a stabilire obblighi e requisiti di iscrizione ad Albi; agli Ordini e Collegi spetta l'attività di accertamento dei requisiti.

E' chiaro, pertanto, che gli Ordini e Collegi non possono stabilire autonomamente limiti all'iscrizione o iscrizione in elenchi speciali o con annotazioni.

Dal punto di vista operativo il prof. Cassese consiglia che gli Ordini e Collegi:

a. preparino un elenco preciso delle categorie alle quali continua ad applicarsi il divieto di iscrizione;

b. redigano uno schema di dichiarazione del dipendente pubblico che intenda iscriversi ad Albo, nella quale questi:

- dichiari di non appartenere a categorie escluse e di non trovarsi in conflitto di interessi con la pubblica amministrazione;

- descriva analitacamente le mansioni svolte alle dipendenze della pubblica amministrazione e i rapporti che queste producono con altri soggetti;

- si impegni a tenere aggiornato l'Ordine o Collegio di ogni cambiamento;

c. redigano in termini generali, una disciplina del conflitto di interessi, dal punto di vista dell'Ordine professionale stesso.



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