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Rif. SZ08898
Documento 08/01/2001 SENTENZA
Fonte TAR SICILIA - CATANIA
Tipo Documento SENTENZA
Numero 76
Data 08/01/2001
Riferimento
Note INTERO TESTO
Allegati
Titolo RUOLO NAZIONALE PERITI ASSICURATIVI - LEGGE 17/2/1992 N. 166 - CONCERNE SOLTANTO L'ATTIVITA' DI VERIFICA E STIMA DEL DANNO - LA MATERIA DELL'INFORTUNISTICA STRADALE NON E' RICOMPRESA NELLA L. 166 E NON E' ATTIVITA' PROFESSIONALE PROTETTA EX ART. 348 CP - RILEVANZA DELLA FIGURA DEL PERITO ASSICURATIVO SOLTANTO NEI RAPPORTI TRA DANNEGGIATO E COMPAGNIA ASSICURATRICE
Testo FATTO

Il sig. Mario Catania, perito agrario, è esperto nella materia dell'infortunistica edile e stradale, come comprovato da apposito attestato rilasciato dall'E.N.P.I. e, soprattutto, dall'attività svolta quale consulente tecnico del giudice presso il Tribunale di Catania e gli altri Uffici giudiziari del Circondario.

In data 19.6.1997, il predetto presentava al Presidente del Tribunale di Catania domanda di iscrizione all'albo del C.T.U. del Tribunale nella categoria "infortunistica".

La domanda veniva rigettata, in data 11.2.1998, dal Comitato di cui all'art. 14 del R.D. 18.12.1941, n. 1366, non risultando il sig. Catania iscritto al ruolo nazionale dei periti assicurativi, istituito con la legge 17.2.1992, n. 166.

In data 21.2.1998, l'interessato proponeva reclamo al Presidente della Corte di Appello di Catania, ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni di attuazione del c.p.c.

Il Presidente della Corte d'Appello, in considerazione dell'avvenuta abrogazione dell'art. 5 delle disposizioni di attuazione del c.p.c., convocava la Commissione prevista dall'art. 72 delle disposizioni di attuazione del c.p.p., applicato analogicamente.

La Commissione rigettava il reclamo con il provvedimento indicato in epigrafe, ribadendo la mancanza dell'iscrizione del richiedente nel ruolo dei periti, istituito con la legge n. 166/92, ed affermando la mancanza di "un titolo idoneo a qualificarlo, sia pure sul piano teorico, esperto in materia infortunistica".

Avverso tali provvedimenti, e per il loro annullamento, l'interessato propone il ricorso in epigrafe, notificato il 4.8.1998 e depositato il 3 settembre successivo.

Si deduce:

1.-Violazione degli artt. 14 e 15 delle disposizioni di attuazione del c.p.c.- Falsa ed erronea interpretazione della legge n. 166 del 17.2.1992. Eccesso di potere ed ingiustizia manifesta, per omessa valutazione della documentazione presentata;

2.-Erronea valutazione del pubblico interesse al buon andamento dell'amministrazione della giustizia.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per la Commissione intimata depositando un atto di costituzione meramente formale.

DIRITTO

1.-Il Collegio ritiene -pur non avendo la difesa erariale eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo- di dover preliminarmente affrontare la relativa problematica, attese le oscillazioni giurisprudenziali in materia.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr., sentenza n. 5803/95), in materia di iscrizione nell'albo degli psicologi, hanno ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice ordinario, argomentando che si verte in situazioni di vero e proprio diritto soggettivo, non essendo configurabile alcuna discrezionalità dell'Amministrazione in ordine all'accertamento dei requisiti cui è subordinata l'iscrizione nel relativo albo, e poiché, in ogni caso, l'attività volta ad accertare la sussistenza dei requisiti medesimi è caratterizzata da elevata discrezionalità tecnica.

Un tale ragionamento non può essere condiviso.

Questa Sezione, con sentenze n. 13 dell'8.1.1998, ha, in proposito, affermato che la discrezionalità tecnica è cosa diversa dall'accertamento tecnico poiché, mentre quest'ultimo si esaurisce nella mera ricognizione degli elementi ai quali una determinata norma attribuisce rilevanza a certi fini, la prima postula che alla fase dell'accertamento segua quella del giudizio, rispetto alla quale, indubbiamente, la posizione del soggetto destinatario è quella dell'interesse legittimo, che è un interesse qualificato e tutelato alla corretta valutazione degli elementi ai quali la norma ricollega effetti per lui favorevoli, ossia (nella fattispecie dedotta in quel giudizio) l'iscrizione all'albo professionale (cfr, fra altre, Consiglio di Stato, IV, n. 1299/96).

Con la sentenza medesima, questa Sezione ha altresì affermato che, anche se non si volesse riconoscere la natura tecnico-discrezionale dell'attività valutativa che la Commissione è chiamata a compiere, dovrebbe tenersi conto di altri principi che entrano in gioco, in particolare del fatto che la posizione di interesse legittimo non si configura solo necessariamente in relazione ad atti discrezionali, potendo ben sussistere tale posizione soggettiva anche se il potere attribuito all'Autorità amministrativa procedente sia vincolato in tutto od in parte, e quindi anche in presenza di provvedimenti vincolati, laddove l'ordinamento stabilisca, sia pure implicitamente, che l'esplicazione di siffatto potere - e l'emanazione di siffatti atti- siano rivolti primariamente al perseguimento immediato e diretto del pubblico interesse, e non già al soddisfacimento di interessi dei privati (cfr., C.G.A., n. 177/1989; Consiglio di Stato-Adunanza plenaria, n. 25/1979 e n. 42/1980; T.A.R. Catania, 2^ Sez., n. 1090/1992); di talchè, in definitiva, la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi deve farsi essenzialmente guardando alla finalità perseguita dalla norma (cui il provvedimnto si ricollega), guardando, cioè, all'oggetto primario ed immediato della tutela dalla norma apprestata, che può essere un interesse pubblico (appartenente alla collettività) - e si avranno allora, in capo ai privati destinatari del provvedimento, posizioni di interesse legittimo- ovvero un interesse del privato (con conseguente natura di diritto soggettivo della posizione del privato stesso).

Orbene, applicando i principi sopra enunciati alla fattispecie in esame, si rileva che, ai fini dell'iscrizione all'albo dei consulenti del giudice, l'apposita Commissione deve svolgere un'approfondita attività valutativa, dovendo, fra l'altro, accertare "la speciale competenza tecnica in una determinata materia" e "la condotta morale specchiata".

Inoltre, anche a prescindere dalla natura dell'attività valutativa di cui trattasi, non si può dubitare del fatto che qui l'interesse del privato al conseguimento dell'iscrizione è tutelato solo in via subordinata, mentre oggetto primario della tutela apprestata dalla norma è l'interesse (di sicura natura pubblicistica) alla qualificazione professionale dei soggetti che intendono esercitare una così delicata attività.

2.-Ciò premesso, il Collegio osserva che il ricorso è fondato.

2.1-Va condiviso, infatti, il primo gruppo di motivi di censura.

L'art. 15 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile prevede tre requisiti per ottenere l'iscrizione nell'albo dei consulenti tecnici del giudice:

-la speciale competenza tecnica in una determinata materia;

-la condotta morale specchiata;

-l'iscrizione nella rispettiva associazione professionale.

Per quanto riguarda il primo requisito, il ricorrente ha dimostrato, attraverso copiosa documentazione versata in atti, di essere in possesso di speciale competenza tecnica in materia di infortunistica, essendo stato incaricato più volte, dal Presidente del Tribunale civile di Catania, di accertare e descrivere le modalità dei sinistri e di quantificare l'ammontare del risarcimento.

Per quanto concerne il possesso degli altri due requisiti, va osservato quanto segue.

Com’è noto, a seguito dell'istituzione degli Ordini professionali (per i laureati) e dei Collegi professionali (per i diplomati), la nozione di associazione professionale coincide con quella di Ordine o Collegio. Pertanto, soltanto l'Ordine o il Collegio professionale è oggi il custode ed il garante della moralità dei propri iscritti.

Ha, pertanto, errato il Presidente del Tribunale nel momento in cui ha composto il Comitato includendovi il Presidente della Camera di commercio, intendendo tale ultima figura come il rappresentante dell'Ordine o del Collegio della categoria di appartenenza del ricorrente.

Il Presidente del Tribunale, in sostanza, ha ritenuto che la legge 17.2.1992, n. 166, abbia istituito un nuovo Ordine professionale, individuandone il Presidente nel Presidente della Camera di commercio.

Deve, invece, ritenersi che la legge in questione non abbia voluto istituire una nuova categoria professionale con il relativo Albo, quanto, piuttosto, conferire soltanto un adeguato rilievo, ai fini indicati agli artt. 1, 1 comma, 3 e 4 della stessa legge,alla maggiore specializzazione, in un determinato e più ristretto settore, in capo a persone che possono essere, o meno, iscritte ad un Ordine o ad un Collegio professionale.

Che non si tratti di una nuova categoria professionale e, conseguentemente, di un nuovo Albo, si ricava innanzi tutto dal principio codificato dall’art. 2229, 2. comma, c.c., in base al quale l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alla competenza degli Ordini professionali, mentre, nella specie, la legge n. 166/1992 attribuisce la tenuta del ruolo e tutti i connessi poteri ad una Direzione generale del Ministero dell’industria.

Ma si ricava anche da varie disposizioni della legge medesima, e precisamente:

a)dall'art. 11, comma 6., il quale disponendo che i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti di coloro che siano iscritti ad albi professionali devono essere comunicati ai rispettivi albi, implicitamente riconosce che il ruolo professionale è un istituto giuridico ben diverso da quello dell’Albo profesionale;

b) dall'art. 5, 1. comma, lett. e), che prevede, per l’iscrizione nel ruolo, una semplice prova d'idoneità, ben diversa dall'esame di stato obbligatorio per l'iscrizione in un Albo professionale;

c) dall'art.5, lettera c, che non prevede in via generale il possesso di requisiti morali per l'iscrizione nel ruolo, e neppure l’assenza di qualsiasi condanna penale, richiedendo semplicemente che l’interessato non abbia riportato condanne per alcuni specifici reati.

Di tale errore si è reso conto il Presidente della Corte d'Appello, che ha formato il Comitato per decidere sul reclamo includendovi non più il rappresentante del ruolo nazionale dei periti assicurativi, bensì il Presidente del Collegio dei periti agrari, nel cui Albo il ricorrente è regolarmente iscritto.

Il Comitato di seconda istanza, tuttavia, pur essendo stato regolarmente formato, illegittimamente non ha valutato l'attività decennale del ricorrente, definendola "asserita", ossia non provata, ed erroneamente ha considerato determinante la mancata iscrizione nel ruolo dei periti assicurativi (erroneamente definito come associazione professionale).

2.2.-Ma la falsa ed erronea interpretazione della legge n. 166/1992 emerge sotto un ulteriore e connesso profilo. Ed invero, come già affermato nel decreto di archiviazione del G.I.P. della Pretura Circondariale di Catania n. 18519/97 R.G. del 20.2.98, si ribadisce quanto segue.

Le norme che disciplinano la scelta del consulente tecnico d’ufficio hanno carattere ordinatorio e finalità soltanto direttive restando affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice la nomina di tale ausiliare. Le espressioni adoperate dall’art. 61 c.p.p. ("la scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra gli iscritti ....") e dall’art. 73 disp. att. c.p.c. (" .....scegliendo di regola una persona iscritta ....") denunciano in modo certo il loro carattere ordinatorio e finalità soltanto direttive allo scopo di facilitare la scelta del giudice senza limitarne l’ambito in modo inderogabile. L’art. 67 disp. att. c.p.p. prevede poi espressamente la facoltà del giudice di nominare quale perito persona non iscritta negli albi dei periti istituiti presso il Tribunale. In tal senso è orientata la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (vedi, tra le tante, Cass. Civ. n. 4884 del 2.10.84; Cass. Civ. n. 2751 del 18.3.87).

Quanto alla disciplina dettata dalla legge 17.2.92 n. 166 (istituzione e funzionamento del ruolo nazionale dei periti assicurativi per l’accertamento e la stima dei danni ai veicoli a motore ed ai natanti soggetti alla legge 24.12.69 n. 990 derivanti da circolazione, dal furto e dall’incendio degli stessi) è da osservare che l’art. 4 prevede il divieto, per chi non sia iscritto nel ruolo, di esercitare l’attività professionale di perito assicurativo per l’accertamento e la stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio di veicoli a motore e dei natanti soggetti alla legge 24/12/69. Come appare dal chiaro tenore letterale della norma, la limitazione è operante esclusivamente in relazione alla attività di verifica e stima del danno e non anche a quella di accertamento e ricostruzione della dinamica del sinistro stradale, che è del tutto diversa da quella concernente la stima del danno e che implica il possesso di nozioni e conoscenze tecniche certamente non previste tra i requisiti per l’iscrizione nel ruolo disciplinato dalla legge n. 166/92; in altri termini, l’attività professionale concernente la materia dell’infortunistica stradale (nel senso di attività diretta alla ricostruzione della dinamica del sinistro ed accertamento dei fattori causali determinanti nella verificazione del sinistro) esula del tutto l’ambito di operatività della legge n. 166/92 e più in generale non è ricompresa nell’ambito di competenze di una attività professionale protetta agli effetti dell’art. 348 c.p..

Peraltro, è opportuno puntualizzare che il peculiare oggetto dell’attività professionale oggetto dell’attività professionale protetta dall’art. 4 della legge n. 166/92 (accertamento e stima dei danni a cose derivanti dalla circolazione, il furto etcc..) impone di ritenere il divieto operante, anche agli effetti dell’art. 348 c.p., soltanto in relazione all’esercizio continuativo dell’attività professionale di perito assicurativo e non anche in relazione una prestazione isolata ovvero resa saltuariamente ed accessoria rispetto ad una attività principale. Se così non fosse dovrebbe ritenersi sanzionata penalmente (a mente dell’art. 348 c.p.) la condotta di qualunque persona che si avventuri, anche per sola cortesia, a dare un parere in ordine alla stima dei danni subiti da una autovettura in seguito a sinistro stradale, il che contrasta prima ancora con il buon senso che con lo spirito della legge n. 166/92; questa ha inteso solo disciplinare l’attività di coloro che, con carattere di continuità, esercitano per conto di privati o di compagnie assicurative, l’attività di stima dei danni alle cose dei veicoli e natanti soggetti alla legge 990/69 e assume rilievo nei rapporti diretti tra il danneggiato e l’impresa di assicurazioni nel momento in cui il primo intenda proporre alla compagnia di assicurazione una istanza di liquidazione ovvero opporsi ad una proposta di liquidazione ritenuta inadeguata; in tal caso il danneggiato deve rivolgersi ad un professionista iscritto nel ruolo offrendo alla compagnia una stima proveniente da persona specificatamente qualificata; in tal senso è eloquente il disposto dell’art. 3 della legge n. 166/92 che prevede espressamente che "le imprese di assicurazione possono effettuare direttamente l’accertamento e la stima dei danni alle cose e proporre la liquidazione all’assicurato che ha facoltà di accertarla oppure di ricorrere all’accertamento ed alla stima dei medesimi tramite un perito assicurativo iscritto nel ruolo di cui all’art. 1". In definitiva la figura del perito assicurativo, come peraltro denuncia la stessa qualifica, viene in rilievo soltanto nei rapporti tra il danneggiato e la compagnia assicuratrice e limitatamente all’accertamento e stima dei danni alle cose.

3.-In base a quanto esposto, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti con lo stesso impugnato, indipendentemente dall'esame e dall'eventuale fondatezza del secondo motivo di censura che va, pertanto, "assorbito".

4.-Quanto alle spese giudiziali, infine, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia-Sezione staccata di Catania, Sez.3^, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe, con conseguente annullamento dei provvedimenti con lo stesso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la sentenza sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
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